Cronaca

Tesoro a Grotta Paglicci. Una mappa imperfetta, una truffa?

Grotta Paglicci, che si apre nel territorio di Rignano Garganico, è uno dei principali siti archeologici d’Italia per abbondanza di graffiti, pitture parietali e resti dell’uomo di Cro-Magnon. Il tesoro di Grotta Paglicci, composto da un 45mila reperti oggi sparpagliati fra musei pugliesi e non, è venuto alla luce in tempi recenti (nell’immagine, un graffito). Ma anche prima di questa (recente) scoperta si parlava di un tesoro a Grotta Paglicci. Una fortuna di tipo ben diverso consistendo in un forziere colmo di monete d’oro, gioie e argenteria. Si tratterebbe del frutto del ‘lavoro’ di Gabriele Galardi (Briele Jalarde), un brigante nato a San Paolo Civitate nel 1824 e molto attivo tra foggiano e Gargano fra il 1861 e il 1864. Una volta caduto nelle mani della Giustizia, il brigante dovette dire addio al suo tesoro… Chi non ci crede obbietta ragionevolmente che Jalarde fu solo un pesce piccolo del cosiddetto brigantaggio politico. Avesse accumulato un tesoro, il suo nome si sarebbe affiancato a quello dei vari Crocco, Romano, Laveneziana, Ninco Nanco… Così non è stato, invece. Per spiegare questa ben diffusa diceria del tesoro di Jalarde, l’unica è considerare una pista parallela :  Nei giorni della rivolta anti-unitaria, Grotta Paglicci non era nascondiglio esclusivo di Jalarde. Nella stessa spelonca si davano convegno anche i più importanti malfattori del tempo attivi in quell’area (Vardarelli, Caruso, Schiavone…). E’ possibile che all’interno di Grotta Paglicci i capibanda depositassero il ricavo di ruberie e ricatti. Una specie di cassa comune, un ‘ fondo di previdenza’ per il giorno in cui avessero deciso di smettere la lotta nel nome del Borbone e fare fagotto. Jalarde era il custode di quella fortuna? Quando poi, vittime del plotone d’esecuzione quegli insorti vennero neutralizzati, Jalarde dovette ritrovarsi ad essere l’unico depositario di quel segreto, nonché l’unico in grado di disegnare una mappa per raggiungere la grotta del tesoro. Ma c’era un inconveniente: Jalarde era a sua volta al Bagno Penale… Per tutta la prigionia accarezzò l’idea dell’evasione, il sogno dell’amnistia. Invano. Nell’imminenza della morte trasmise il segreto ad un compagno il quale una volta in libertà fece ricerche andate a vuoto. Perciò quell’uomo vendette o regalò la mappa a un altro. Poi la mappa, o una copia della stessa, passata di mano in mano, finì negli anni sessanta nelle mani di tale Leonardo Esposito, un tipo assai ostinato di Sannicandro Garganico che a forza di esplosivi devastò l’area di Grotta Paglicci per scovare il tesoro. Non trovò niente. Morì nella convinzione che su quell’oro avrebbe prima o poi messo le mani se avesse avuto più tempo a disposizione (e più dinamite, per il cui acquisto si era rovinato e per il cui abuso aveva avuto guai con i Carabinieri).

Italo Interesse


Pubblicato il 20 Febbraio 2019

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