Cronaca

Silo di viale Fortore a Foggia, un ecomostro da abbattere

Che strana città Foggia, lasciatemelo dire da studioso che ne ha sempre studiato il dialetto, la toponomastica e la storia, lasciatemelo dire da cittadino che l’ha amata e continuerà ad amarla, nonostante tutto! Si coprono i buchi con costose lastre di vetro, buchi che si aprono nel terreno, pensando forse che siano gli inesistenti camminamenti, come presso la chiesa dei Morti o nel Largo Pianara…, ma si trascurano i veri interventi culturali. Così da un po’ di tempo qualcuno si leva a difesa del vecchio silo di viale Fortore, un vero e proprio mostro che va subito abbattuto, come previsto, destinando le infinite risorse che servirebbero per recuperarlo ad interventi più impellenti e culturalmente validi. Un po’ di storia: progettato fin dai primi anni del Novecento fu completato ed inaugurato, dal futuro Re di Maggio, Umberto II, nel Settembre del 1937, presentato come una vittoria del regime non si accorsero che un casermone di tale portata, nel ’37, non serviva ormai più in quanto erano stati inventati gli attuali silos, molto più duttili ed economici, che vediamo disseminati per le campagne.
“Il recupero di tale importante edificio sarebbe un virtuoso esempio di archeologia industriale, che potrebbe certamente creare un positivo indotto, dal punto di vista culturale, con sicure ricadute anche dal punto di vista occupazionale. In questo momento storico così difficile per la nostra realtà.” afferma – secondo Teleradioerre.it – il Presidente dell’Associazione Qualità della Vita Luigi Miranda. Ma quale archeologia? Siamo al Settembre del 1937, cioè ieri; ma quale industria? Semmai si dovrebbe parlare di agricoltura, una agricoltura tradita, visto che quel silo è l’emblema della nostra rovina: con la battaglia del grano Mussolini destinò anche il Tavoliere alle culture cerealicole che determinarono l’abbandono delle culture specializzate ed intensive ed una disoccupazione letale, esitata in un vasto fenomeno emigratorio che portò via le migliori forze da una ricca terra, fino allora meta di migliaia di immigrati: ne stiamo ancora pagando le conseguenze, in quanto il Tavoliere resta una landa desolata, mentre dovrebbe essere un frutteto. Ma quali ricadute: per recuperare l’ecomostro ci vorrebbero milioni di euro, e per farne cosa? E per mantenerlo, altri milioni, e chi ce li dà? Caro Miranda, ha ragione, il silo va conservato, ma solo per farne un monumento alla stupidità!

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Pubblicato il 24 Aprile 2014

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