Cultura e Spettacoli

Gheddafi, l’ombra incancellabile nell’isola di San Domino

La graduatoria provvisoria degli aggiudicatari dei fari messi sul mercato lo scorso ottobre è stata stilata dall’Agenzia del Demanio. Tra i fari in questione rientra anche quello che faticosamente si regge in piedi sull’isola di San Domino, la maggiore delle Tremiti. Sembra che investitori privati (il cui diritto di concessione non può superare i cinquant’anni) vogliano fare di quel rudere un resort esclusivo. La collocazione della struttura è certamente felice : sorge sulla Punta del Diavolo a ridosso della Grotta delle Murene e la si raggiunge attraverso un suggestivo sentiero che serpeggia nella vicina pineta. Ma tanto giustifica un investimento che si annuncia proibitivo? Perché il problema a San Domino non è tanto il degrado interno ed esterno della struttura, quanto la sua staticità. E non solo è una questione di agenti atmosferici. L’8 novembre del 1987 una esplosione avvertita in tutto l’arcipelago squassava il faro di San Domino (la scala interna a chiocciola crollò).  I resti di un uomo, poi identificato come Jean Louis Nater, un cittadino svizzero di 39 anni, giacevano ai piedi della costruzione. A causarne la morte, l’esplosione di una bomba collocata dallo stesso Nater. Poche ore dopo veniva arrestato un altro cittadino svizzero, Samuel Albert Wampfler, complice di Nater. Due attentatori, si disse in un primo momento al soldo di Gheddafi, il quale solo pochi giorni prima aveva rivendicato la sovranità libica sulle Tremiti i cui abitanti, a detta del Colonnello, erano tutti discendenti dei deportati libici del periodo della guerra italo-turca del 1911. In un secondo momento fu avanzata l’ipotesi che gli oppositori di Gheddafi avessero ingaggiato i due per far ricadere sul loro nemico la responsabilità dell’attentato. Infine prese piede una terza ipotesi : l’attentato di San Domino era stato commissionato dai servizi segreti francesi come ritorsione nei confronti del governo italiano, colpevole di aver aiutato Ben Ali nella successione al presidente tunisino Habib Bourghiba a scapito del candidato sostenuto da Parigi… Quanto a Wampfler, il processo di primo grado lo condannò a dieci anni senza peraltro riuscire a far luce su mandanti e movente. Trasferito agli arresti domiciliari, l’attentatore elvetico riuscì a evadere nel maggio del 1990. Ancora oggi non se ne hanno notizie… L’ombra incancellabile di Gheddafi grava ancora su quel rudere. Un’ombra sinistra, sporca di sangue, un’ombra che manda di polvere da sparo e di mistero, di bugie istituzionali e di spy story. Una cosa su cui stendere un velo, da nascondere a vacanzieri desiderosi di relax e spensieratezza. E invece chissà che proprio il fascino torbido di questa storia, se deliberatamente mal occultato, non diventi l’asso nella manica di albergatori cinici.

Italo Interesse


Pubblicato il 25 Giugno 2016

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