Cultura e Spettacoli

Cani inselvatichiti, lupi minacciati

Nel 2002 vennero sventuratamente reintrodotti nell’alta Murgia 172 cinghiali a scopo venatorio. Quelle bestie, poi, ambientandosi con capacità impensata, si sono moltiplicate al punto da diventare un serio problema per allevatori, coltivatori ed escursionisti. In compenso questo spropositato numero di cinghiali presenta il vantaggio di aver richiamato nel grande Parco pugliese il Lupo Appenninico (sottospecie del Lupo Italico), una specie che aveva seriamente rischiato di scomparire nel dopoguerra. Poi nel 1971 il WWF avviò nel Parco Nazionale d’Abruzzo la campagna San Francesco e il numero degli esemplari si triplicò nel giro di cinque anni. La successiva entrata in vigore di leggi di protezione consentì al Lupo Appenninico di tornare ad affacciarsi ai limiti del territorio pugliese. L’istituzione del Parco dell’Alta Murgia ha fatto il resto. Attualmente il Lupo Appenninico è stanziale anche nel Subappennino Dauno e nel Parco Nazionale del Gargano. La maggiore consistenza numerica si riscontra nel Parco dell’Alta Murgia (popolazione stimata : tra i 10 e i 15 individui ; nel 2012 è stata documentata la presenza di una coppia con 4 cuccioli nei boschi di Ruvo di Puglia). I rimborsi che la Regione Puglia riserva agli allevatori che abbiano subito attacchi al bestiame, mette al sicuro il Lupo da bocconi avvelenati, tagliole e dai colpi fucile di bracconieri e cacciatori sleali. Ma il vero nemico del Lupo Appenninico (e ciò riguarda il suo intero areale) non è più l’uomo, bensì il cane inselvatichito. Il randagismo sta dando vita a branchi pericolosi che, occupando la stessa nicchia ecologica del Lupo, stanno entrando in competizione con questo predatore. Senza contare un secondo pericolo, quello dell’ibridazione. L’accoppiamento del cane inselvatichito col Lupo Appenninico minaccia di corrompere il patrimonio genetico di questo animale. E poi, a differenza dei branchi di lupi, i branchi di cani rinselvatichiti, quando attaccano, sono incapaci, anche per assoluta mancanza di coordinazione, di limitare l’attacco alla sola urgenza alimentare. Di conseguenza, disperdono le prede in un vasto raggio, così condannando i superstiti a morire ugualmente. Il danno causato a greggi e mandrie dagli attacchi dei cani inselvatichiti diventa in questo modo assai più dannoso del necessario e l’abbandono di carcasse semidivorate sui pascoli incrementa la diffidenza degli operatori del settore zootecnico nei confronti dei lupi, con i quali i randagi vengono sovente confusi. Questi comportamenti e l’ibridazione fanno del cane selvatico la principale minaccia per la sopravvivenza del lupo.

Italo Interesse


Pubblicato il 13 Agosto 2015

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