Cultura e Spettacoli

Settembre 1943: l’eroismo del Gen. Nicola Bellomo salva Bari

La stessa sera dell’8 settembre, Ufficiali tedeschi, coadiuvati da connazionali residenti in Bari, col pretesto di dover predisporre la partenza di loro materiale, svolsero una ricognizione della zona portuaria, ma le misure prontamente adottate, al datosi allarme, dal Comando DP, li costrinsero ad  astenersi da altre iniziative. Alle ore 10.oo della mattina del 9, però, un pattugliane tedesco autotrasportato tentò d’entrare nel porto: fu fatto prigioniero e cavallerescamente rimandato libero, previa espulsione dalla città. Poco dopo le ore 12.oo, altri tre ufficiali tedeschi, al comando di una settantina di loro uomini, si presentarono al posto di guardia all’ingresso principale, chiedendo di eseguire una ricognizione per recuperare materiale proprio. Vennero essi pure respinti, ma, mentre si ritiravano, sopraggiunsero circa 200 loro soldati, che, forzati i cancelli, sbarrarono con armi automatiche ogni accesso italiano al porto, dispersero i corpi di guardia italiani e affondarono un paio di nostri piroscafi. Il Comando DP avviò nella zona i primi plotoni disponibili, ma il violento fuoco dei Tedeschi li fece ripiegare nella Città Vecchia.

Al momento del ripiegamento, a Bari, delle forse italiane, sotto pressione tedesca, dal Porto alla Città Vecchia, il Gen. Nicola Bellomo, casualmente nei paraggi, decise subito di reagire. Fatto presto suonare  l’allarme nella caserma della MVSN, in pochi minuti prese il comando dei primi 40 militi, armati di moschetto,  accorsi e si precipitò verso il Porto, senza attendere un secondo plotone che andava formandosi. Per la strada racimolò altre poche forze: genieri, guardie di finanza e marinai. Infilandosi tra la Capitaneria di Porto e la banchina, irruppe alle spalle dei Tedeschi appostati ai varchi . Qualcuno di costoro, colpito dal fuoco dei moschetti o dalle bombe a mano, cadde, ma il grosso, rifugiatosi nel casotto del posto di guardia, reagì col fuoco di mitragliatrici.

Il gruppo di testa delle forze italiane ben sostenne , a soli 30 metri di distanza, l’impari scambio di fuoco, ma infine il Gen. Bellomo, essendo rimasti feriti alcuni dei suoi e ferito egli stesso, dovette riconoscere l’inferiorità delle sue forze e, fattele ritirare, le  appostò in attesa d’un secondo attacco al giungere del secondo plotone.  

Nell’attraversare il Lungomare. Il S.Ten. Chicchi, che lo seguiva, cadde, colpito a morte da una raffica di mitragliatrici, ma egli riuscì a proseguire e, attraversata la zona dove i primi plotoni e gli altri sopraggiunti della DP si stavano concentrando, si congiunse con l’atteso secondo plotone, che  rinforzò con  alcuni carabinieri, fanti, genieri, metropolitani e un volontario borghese, il portuale Vincenzo Amoroso, ex-combattente della guerra 1915-18.

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Pubblicato il 30 Maggio 2013

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