Cultura e Spettacoli

Anfiteatro di Lucera: Ottaviano, i soldi sotto banco

Si calcola che l’anfiteatro di Lucera potesse accogliere fra i 16 e i 18mila spettatori. Troppi per una città che anche nel periodo di massimo splendore, il primo secolo dopo Cristo, non dovette superare le cinquemila anime. Comunque troppi anche tenendo conto di dintorni tutt’altro che popolosi. Allora perché si volle quella specie di cattedrale nel deserto? A erigere l’anfiteatro fu Marco Vecilio Campo, un ambizioso patrizio che, già investito di importanti cariche pubblici (era pure un alto magistrato), evidentemente ambiva a più alte funzioni, magari in quel di Roma. Perciò volle dedicare l’imponente costruzione al nuovo imperatore, Ottaviano Augusto. Così dicono fonti avare (l’iscrizione posta sugli architravi dei portali d’ingresso). Ora, è vero che l’area – di proprietà dello stesso Vecilio – si prestava bene ai lavori corrispondendo ad una depressione naturale del terreno, ugualmente quel colosso dovette costare milioni di sesterzi. Solo un uomo come Crasso avrebbe potuto permetterselo. Ma mentre un potente come Crasso ha fatto parlare di sé, di Marco Vecilio Campo la Storia non conserva altra traccia che quelle poche parole lasciate nella pietra da uno scalpellino. Chi finanziò l’anfiteatro di Lucera? Per capire bisogna retrocedere al 312 s.C., anno in cui Lucera divenne colonia romana. In un  periodo segnato da frequenti defezioni e tradimenti, Lucera si mostrò sempre leale verso Roma, ricevendone in cambio ampia autonomia giuridica e fiscale. Nel 90 a.C., nel rispetto della Lex Iulia de civitate, Roma concesse alla sempre fedele Lucera la cittadinanza. Poiché gli anni successivi confermarono l’ormai risaputa fedeltà della città  pugliese, Ottaviano, una volta preso il potere, volle premiarla con un gesto vistoso. Ma per non scatenare altrove invidie e gelosie impose a Vecilio di fare da prestanome. Insomma, Roma mise i soldi sottobanco e un oscuro magistrato potette cogliere il destro per passare per un uomo assai più ricco e potente di quanto effettivamente fosse. Se da questo gliene derivò un qualche vantaggio, la Storia tace. Il che conferma la potenza più di parata che di sostanza di un uomo cui solo un caso fortuito consentì di fare una fugace apparizione nella grande Storia. Quanto all’anfiteatro, dovette registrare il tutto esaurito solo le volte che Ottaviano vi mise piede, se la cosa corrisponde a verità. E gli altri giorni? Possiamo immaginare nel migliore dei casi un tremila spettatori sperduti nella vastità di gradinate alte almeno quattro volte di più di quanto è rimasto. Fatte le dovute proporzioni, lo stesso desolante spettacolo del San Nicola affollato da meno di diecimila spettatori in occasione di partite di scarso richiamo

Italo Interesse

 


Pubblicato il 7 Luglio 2016

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