Cronaca

Villone: “La riforma rottama la Costituzione nata dalla Resistenza”

“La riforma Renzi-Boschi rottama la Costituzione nata dalla Resistenza.” Non ha dubbi, Massimo Villone, professore emerito di Diritto costituzionale nell’Università degli Studi di Napoli che intervenendo alla manifestazione organizzata dal Comitato per il No della provincia di Foggia esprime forti perplessità tecniche ed anche politiche sulla riforma costituzionale che il 4 dicembre prossimo sarà sottoposta al voto degli elettori: “Riduce i poteri del parlamento, spostando gli assi a favore del governo, senza che ciò venga bilanciato da un incremento della democrazia diretta. E, come se non bastasse, la riforma produce anche un notevole alleggerimento della democrazia partecipata.” Il docente partenopeo boccia la riforma su tutta la linea, sottolineandone i vizi d’origine: “È una proposta che nasce male perché  approvata da parlamento delegittimato, sostenuta da un premier non votato, senza essere mai stata parte del programma di un partito o di una coalizione e infine licenziata solo grazie a quella maggioranza dichiarata incostituzionale dalla Corte.” Il prof. Villone ha anche da dire circa il merito. “I 48 milioni di risparmio derivanti dall’abolizione del Senato elettivo sono ben poca cosa. Basti ricordare che spendiamo 60 milioni al giorno soltanto per le spese militari per la difesa. È per quanto riguarda la presunta accelerazione nell’iter di approvazione delle leggi, è utile rammentare la super velocità con cui sono stati approvati provvedimenti come la legge Fornero o lodo Alfano.  Non è il bicameralismo che rallenta o accelera l’iter delle leggi, ma la volontà politica. Viene il dubbio che si voglia scientemente indebolire il parlamento”. In proposito, il prof. Villone si è soffermato sul voto a data certa (norma con cui il Governo può esigere dal Parlamento l’esame di una legge in tempi ridotti e prefissati) e sulla clausola di supremazia territoriale (con cui può espropriare le Regioni delle loro competenze, in materie molto delicate come per esempio le grandi opere o l’ambiente). “È una clausola che può imbavagliare il dissenso delle comunità locali” ha detto il relatore, sottolineando come “l’impianto complessivo della riforma sembra preludere a una sostanziale  normalizzazione del dissenso parlamentare e sociale. Non andiamo a votare su astruse tecnicalità ma sul tipo di democrazia del Paese. È importante dire no, per riaprire la via alla democrazia e al dissenso. Voglio lasciare ai miei figli un’Italia democratica, almeno come quella in cui ho vissuto io.”


Pubblicato il 1 Dicembre 2016

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