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Vicenda Tremiti: per un pugno di royalties

Archiviata la grandiosa manifestazione popolare di Manfredonia, per il futuro delle Tremiti e dell’Adriatico si apre l’ora della riflessione. Lo abbiamo detto più volte: è impensabile vincere questa battaglia di civiltà da soli: sia le indagini alla ricerca di idrocarburi, sia l’eventuale coltivazione dei pozzi sono un affare che riguarda tutte le comunità, e tutti gli Stati che si affacciano sull’Adriatico.

La vicenda delle Tremiti è un capitolo importante di una storia più ampia e complessa: la storia dell’assedio che le società petrolifere stanno stringendo nei confronti dell’Adriatico. Se si vuol compiere un salto di qualità nelle iniziative che si stanno promuovendo per scongiurare che le trivelle petrolifere vadano a scavare troppo vicino a Tremiti, bisogna partire da questo dato.

È superfluo ricordare che i pozzi petroliferi sono già in funzione da tempo in Abruzzo, a Vasto: bisognava mettere in conto che prima a poi sarebbe toccato a un pezzo così pregiato dell’Adriatico, dal punto di vista ambientale, quale le Tremiti, cimentarsi con una prospettiva così poco compatibile con la vocazione naturalistica dell’arcipelago, come le attività estrattive.

Il decreto 128 licenziato due anni fa dal Ministero dell’Ambiente rappresenta ancora oggi un punto di partenza importante, anzi ineludibile. Come si ricorderà, si deve proprio a questo provvedimento la bocciatura della prima richiesta di indagini sui fondali marini presentata dalla Petrolceltic, ed è comunque a partire dalle norme impartite dal provvedimento che si deve cercare di tessere i fili della difesa delle Tremiti.

Sarebbe pertanto giunto il momento che il muro contro muro, la polemica a buon mercato, il gusto di sparare al pianista sempre e comunque cedessero il posto ad una strategia più ragionata, evitando di disperdere il comune spirito di concordia e di collaborazione che si è sedimentato alla vigilia della manifestazione sipontina.

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Pubblicato il 20 Ottobre 2012

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