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Uno studio di Scienze Agrarie pubblicato dalla rivista Science

La prestigiosa rivista scientifica internazionale Science (lo scorso 14 giugno ha pubblicato un report dal titolo Mutation of a bHLH transcription factor allowed almond domestication, frutto della stretta collaborazione che il Dipartimento di Scienze agrarie, degli alimenti e dell’ambiente dell’Università di Foggia ha avviato con l’Università Aldo Moro di Bari, l’Università di Copenaghen e il centro ricerca CEBAS-CSIC di Murcia (Spagna). I ricercatori delle 4 istituzioni accademiche hanno focalizzato i loro studi sul mandorlo, una specie appartenente alla famiglia delle Rosaceae la cui parte edibile è il seme. Originariamente le mandorle erano amare, ma l’uomo – con la domesticazione della specie – ha selezionato il seme dolce. La domesticazione di molte specie vegetali ha spesso implicato l’eliminazione da organi della pianta di composti di difesa dal sapore sgradevole o addirittura tossici per l’uomo. Un eccellente esempio, a riguardo, è dato dal mandorlo, le cui specie selvatiche producono semi amari e letali anche se assunti in modeste quantità. Ciò è dovuto all’accumulo, all’interno dei cotiledoni, di amigdalina, un glucoside che rilascia cianuro a seguito della ingestione. Lo studio pubblicato da Science evidenzia come il genoma del mandorlo, dislocato su 8 cromosomi e di dimensioni di circa 250 milioni di basi nucleotidiche, contenga circa 28.000 geni. Attraverso la ricerca è stato possibile identificare la proteina (fattore di trascrizione) che regola la biosintesi dell’amigdalina e caratterizzare una mutazione responsabile del sapore dolce dei semi, selezionata dall’uomo nel primo Olocene (circa 10.000 anni fa) nella regione della Mezzaluna Fertile. «Questa mutazione – argomenta la prof.ssa Concetta Lotti, associata di Genetica agraria al Dipartimento di Scienze agrarie, degli alimenti e dell’ambiente – consiste nel cambiamento di una sola base nella sequenza del fattore di trascrizione sarebbe determina il cambiamento di un solo aminoacido nella sequenza della proteina corrispondente». I risultati scaturiti dagli studi di sequenziamento del DNA del mandorlo e di isolamento del gene responsabile dell’amarezza, rivestono notevole rilevanza sia perché forniscono informazioni relative alle basi genetiche della domesticazione del mandorlo sia per il futuro miglioramento genetico della drupacea, specie che è coltivata a livello mondiale su quasi 2 milioni di ettari e diffusissima nelle regioni meridionali d’Italia, determinando grande interesse anche da parte dell’agro-industria. Per il Dipartimento di Scienze agrarie, degli alimenti e dell’ambiente dell’Università di Foggia la ricerca è stata appunto condotta dalla prof.ssa Concetta Lotti e dalla dott.ssa Francesca Ricciardi (ex dottoranda afferente al Dipartimento di Scienze agrarie), mentre per l’Università Aldo Moro di Bari è stata invece condotta dai proff. Luigi Ricciardi e Stefano Pavan e dalla dott.ssa Rosa Mazzeo. È la prima volta che il Dipartimento di Scienze agrarie, degli alimenti e dell’ambiente “finisce” su Science (considerata dai ricercatori di tutto il mondo una specie di “vangelo laico” della scienza, della sperimentazione e dell’innovazione tecnologica) per una propria ricerca, un risultato a suo modo storico che la prof.ssa Lotti commenta così: «Condivido con tutto il Dipartimento questo importante risultato che testimonia l’eccellenza scientifica della nostra ricerca e del nostro Ateneo».


Pubblicato il 19 Giugno 2019

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