Cultura e Spettacoli

Un dipinto-scandalo favorirà il successo di Renato Guttuso

I critici sono unanimi. Lo definiscono “il maggior pittore italiano che dipinge nei modi della figurazione naturalistica e uno dei protagonisti dell’arte europea contemporanea”. Parliamo di Renato Guttuso che, a partire dal 30 luglio sarà a Peschici in una personale promossa dal gallerista foggiano Giuseppe Benvenuto, in collaborazione con la Galleria De Bonis di Reggio Emilia e col Patrocinio del Comune di Peschici, nello spazio espositivo di Torre del Ponte. Mostra che chiuderà i battenti il 21 agosto del 2016, rivisitando la storia del maestro di Bagheria attraverso il suo sguardo, i cambiamenti della società italiana, della quale è stato interprete e poeta. In passerella dipinti ad olio, chine, tecniche miste e matite per conoscere le diverse fasi della sua ricchezza tematica. “Sono nato nel 1912 a Bagheria, che era allora un piccolo e povero paese, vicino a Palermo.  Primo e unico figlio di Gioacchino, un agrimensore quasi cinquantenne, di inclinazione socialista, che viveva come un contadino”.  Da giovane, Renato ha l’opportunità di visitare frequentemente la campagna  e i contadini siciliani destinati a diventare una delle sue prime fonti d’ispirazione. A undici anni incomincia a dipingere nella bottega di un pittore di carretti siciliani, in seguito frequenta gli studi del pittore post-impressionista D. Quattrociocchi e del futurista P. Rizzo. Nel 1930 si scrive alla facoltà di Giurisprudenza che abbandona l’anno successivo, dopo il successo alla 1^ Quadriennale di Roma. Negli anni Trenta stringe legami di amicizia con gli artisti della Scuola Romana (Corrado Cagli, Mario Mafai, Antonio Ziveri, Pericle Fazzini) elaborando opere di alta qualità coloristica e tonale. Nel 1940 aderisce al movimento “Corrente” e si iscrive al partito comunista clandestino. Espone alle mostre del Premio Bergamo, nel 1940 e nel 1942, aggiudicandosi rispettivamente il terzo premio con “Fuga dall’Etna” e il secondo con “Crocefissione”, opera che suscita grandi polemiche che però portano acqua al mulino della sua affermazione. Nel 1947 è tra il fondatori del “Fronte Nuovo delle Arti”, sostenitore della linea figurativa realista d’ispirazione politico-sociale, appoggiandosi, tra l’altro, all’opera  di Picasso, che costituirà il principale modello stlistico e morale per tutta la sua vita. Negli anni successivi si esibisce, con una pittura di forti accenti coloristici  di matrice espressionista, grazie a narrazioni di episodi contemporanei, immagini politiche e critica del costume, spesso con toni allegorici. I soggetti preferiti: paesaggi, nature morte, figure, ritratti, contadini, scene di vita quotidiana, temi politico-sociali. In tale ambito s’inserisce il dipinto-scandalo: “Crocefissione” che rappresenta per il giovane Guttuso degli anni Quaranta ciò che “Les Demoiselles d’Avignon” aveva rappresentato per il giovane Picasso degli inizi del secolo. Sullo sfondo di una Gerusalemme reinventata con stile cubista, Gesù in croce s’intravede solo a metà tra i due ladroni che hanno subito lo stesso supplizio: a lui si aggrappa, disperata, una donna – Maria – dipinta di spalla completamente nuda. Semisvestite sono anche le altre due donne vicino alla croce e nudi sono dei soldati romani, i cui cavalli hanno teste che ricordano la testa del cavallo di “Guernica”. Un quadro che, pur con le sue derivazioni e implicanze, è dipinto con coraggio, dati i tempi del Ventennio. Finito nel ’41 si aggiudica l’anno dopo il secondo posto al Premio Bergamo patrocinato dal liberale Bottai. I fascisti ottusi e i cattolici di retroguardia gridano allo scandalo pèer questo quadro così nuovo, insolito, che fa da cerniera fra la scuola romana e quello che sarà lo stile di Guttuso: il realismo socialista. Comunque lo scandalo , oltre alle critiche e alle minacce, accentra sull’artista siciliano l’interesse dei collezionissti  davvero aperti dell’epoca e quello delle menti e delle penne libere.

Vinicio Coppola


Pubblicato il 26 Luglio 2016

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