Cultura e Spettacoli

Se il disco di Natale lo canta Rossana Casale…

Natale è passato non da molto, ma questo disco intitolato alla festa più famosa ed anche forse più odiata al mondo, durerà ben oltre. Lo sa bene chi ha già da tempo imparato ad ascoltare, apprezzare e riconoscere la voce di Rossana Casale come tra le più uniche quanto variegate del nostro panorama musicale e che ha da poco inciso, appunto, ‘Round Christmas’ e cioè il suo nuovo lavoro che prende solo lo spunto ‘attorno’ al Natale. Dunque, un disco che non è certo la solita raccolta di inni alla festa di Santa Claus alla Bing Crosby (per quelle basta anche soltanto sbirciare negli scaffali degli autogrill in autostrada). Un disco quello della Casale, bisogna dirlo e ribadirlo, diverso dai soliti natalizi, dunque, ma con musiche e canzoni di culture musicali distinte unite sotto una stessa anima, hanno già scritto i critici. Che poi, come sanno bene appassionati e amatori di cui sopra, è quella del blues e del jazz. Insomma, il sacro e il profano, l’odio, l’oblio e l’amore per cui andiamo a spiegarci meglio: Chocolate Jesus (Tom Waits), Invocação (“Deus do sim deuses….. “, Maria Bethania). I racconti crudi e poetici di Brassens di Le Père Noël Et La Petite Fille, contrapposti al gioco del brano del 1946 All I want for Christmas is my two front teeth (D Y Gardner) o Zat You Santa Claus, ai tempi interpretata dal grande Luis Armstrong. Tutto condito con voce e musica di una cantante che calca le scene oramai da troppi anni per dover dimostrare qualcosa, come quei mediani di spinta di una volta che continuano a giocare senza impressionarsi troppo dinanzi ai moduli moderni dettati dai moderni mister del pallone. E per capire come con questo suo ultimo lavoro la Casale abbia raggiunto il topp della sua produzione jazzata, basta riportare un po’ di ciò che ne ha scritto Repubblica.it”: ‘Round Christmas’ e cioè l’altro Natale. Quello fatto di malinconie, o per un anno che se ne va o per qualche amore contrastato, oppure di dolore per un lutto, o ancora di semplice voglia di raggomitolarsi dentro una coperta con una tazza di tè bollente e lasciare fuori il mondo. Quindi niente classici, ma un pugno di canzoni in tema natalizio di autori stranieri, come Tom Waits, Georges Brassens, Gilberto Gil, Edith Piaf, Henry Salvador. Un giro del mondo in chiave sfacciatamente jazz che non si limita a raccontare la gioia per la festa (c’è anche quella, certo), ma non esita a riflettere su Dio, la morte, la paura, la povertà. Un esempio per tutti è la miglior canzone del disco, Chocolate Jesus, di Tom Waits: il racconto della serenità che viene a un agnostico mangiando dei cioccolatini con l’effigie di Gesù, che in America sono popolarissimi, come se dalla loro bontà venisse la certezza che Dio esiste e ci vuole bene. Ma una citazione, in mezzo a queste perle, la merita anche ‘Le Père Noël et la petite fille’ di Brassens: il Babbo Natale è in realtà un maniaco che prima colma di regali una ragazzina poi la uccide (ispirò De Andrè per La canzone di Marinella). Cosa ne dice Rossana Casale? “Il Natale deve essere, a mio parere, un tempo dove poter gioire ma dove è anche d’obbligo accendere il pensiero ed essere presenti al racconto dell’uomo in tutte le sue sfaccettature e la musica è l’unica cosa che ti dà la possibilità di farlo contemporaneamente”.


Pubblicato il 31 Dicembre 2016

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