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Sanità e tempi d’attesa: Foggia è un’isola felice

Più di due mesi (66,6 giorni) per una visita cardiologica; due e mezzo per una visita endocrinologica. E le cose vanno ancora peggio nel caso in cui si abbia bisogno di esami diagnostici particolarmente specialistici: per una mammografia occorre aspettare sei mesi. Per una ecografia alla mammella sette mesi (per la precisione 212 giorni).

Sono questi i tempi di attesa misurati nella Regione Puglia, e si tratta di cifre tutt’altro che rassicuranti. Va detto che si tratta di dati piuttosto “freschi” essendo stati registrati nel periodo compreso dal 16 al 20 aprile.

Tanto per dare una idea, raffrontando i tempi medi d’attesa registrati in Puglia con quelli della Lombardia, lì per una visita cardiologia si aspettano in media 40 giorni. Altrettanti per una visita endocrinologia o diabetologica, o per un’ecografia alla mammella. Si tratta di parecchio inferiori ed oltre tutto garantiti: nel caso in cui le strutture non siano in grado di erogare la prestazione nei tempi previsti, scattano meccanismi di risarcimento per i cittadini insoddisfatti.

Che la sanità pugliese sia a rischio di corto circuito è un dato di fatto, ed è proprio l’allungamento delle liste di attesa, che rappresentano anche un nemmeno tanto simbolico contrappasso per l’intera e complessa vicenda della sanità pugliese. All’atto dell’insediamento del suo primo governo, il governatore Vendola annunciò che il suo primo banco di prova era rappresentato dalla riduzione dei tempi d’attesa per ottenere le prestazioni specialistiche presso i nosocomi pugliesi o le strutture territoriali delle Asl.

Ad un certo punto del primo quinquennio di governo regionale di centrosinistra, le liste d’attesa cominciarono effettivamente a ridursi: non tanto per effetto di una migliore organizzazione della sanità pubblica, quanto per un più efficiente concorso della sanità privata.

Con l’andata in vigore delle politiche di austerità che hanno provocato pesantissimi tagli di spesa, i tempi d’attesa hanno ricominciato a salire, e c’è chi sostiene che potrebbero diventare insostenibili.

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Pubblicato il 22 Novembre 2012

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