San Lorenzo in Carmignano, un’area ritrovata e ancora dimenticata
Le associazioni sollecitano il Comune. Favia: “Far rivivere la memoria”
La chiesetta rurale di San Lorenzo in Carmignano è restaurata, consegnata al Comune due mesi fa circa ma è ancora chiusa e lasciata a sé stessa, compreso lo spazio intorno. “Il luogo è infestato da erbacce, il prato e gli alberi, posti a dimora per rendere l’area più gradevole, già risentono della mancata irrigazione e sono in via di disseccamento”. Lo hanno fatto presente all’amministrazione comunale con una pec le associazioni Salice Nuovo-San Lorenzo in Carmignano APS, Italia Nostra, Legambiente Circolo Gaia e Arci Circolo Maria Schinaia di Foggia. “Manca l’illuminazione- dice Carmine Ricciardi del direttivo Salice Nuovo- e l’impianto di videosorveglianza che c’è non funziona. Inoltre, al centro del piazzale antistante la chiesa è stata posizionata dall’Amiu una campana del vetro che, con ogni probabilità, sarà ricettacolo di rifiuti diversi e testimonia la poca attenzione estetica e culturale”.
Si attende anche la concessione della chiesa, da parte del Comune, alla Curia. Ricciardi anticipa che, su questa direttrice verso l’Incornata, includendo Masseria Pantano e Masseria Giardino, la sua associazione ha in mente un progetto ben più ampio. La riapertura della chiesetta rurale sarebbe solo l’inizio, ammettendo che la realizzazione di ciò che ha in mente Aps sia fattibile e su cui non fornisce ulteriori dettagli.
Le associazioni insistono sul valore di memoria storica del luogo, si richiamano a Federico II che, nella Domus Pantani più avanti, verso il centro di Foggia, aveva avuto una sua residenza. “Sarebbe un ottimo centro di aggregazione questo luogo, ora privo di ogni tutela di sicurezza, attenzione e decoro”.
Finanziati da un Pis nel 2017 per 524mila euro, i lavori di restauro della chiesa – le mura erano fatiscenti e all’interno aveva preso dimora una stalla- sono stati appaltati nel 2018. Il suo rifacimento esterno a intonaco ha fatto molto discutere, qualcuno l’avrebbe preferito, più fedele all’originale.
Fra questi c’è il professore Giuliano Volpe, già rettore dell’Università di Foggia, archeologo: “Si poteva fare un restauro più attento, meno omogeneo e senza far sparire le stratificazioni”. Ricorda come, nella chiesa medioevale, ci fosse uno scriptorium e che i reperti archeologici ritrovati avrebbero potuto essere meglio valorizzati.
La chiesetta rurale, che ingloba strutture medievali sebbene non proprio federiciane, nella versione oggi sotto i nostri occhi è il rifacimento di un edificio moderno, del 1600-1700.
Il professore Pasquale Favia, docente di archeologia all’Università di Foggia, plaude all’attenzione che ritorna verso la chiesa e il sito in cui, proprio lui, nel 2006-2007, fece i primi scavi: “Il restauro eseguito è semplice, ha garantito la salvezza della chiesa ed è una fortuna rispetto ad altre che sono sparite. Noi trovammo dei reperti da tre tombe davanti all’edificio, si poteva mettere in evidenza ciò che c’era nella fase successiva di recupero. In ogni caso andiamo a oggi. Restaurarla per tenerla chiusa non ha senso, sarebbe invece un’occasione civica di distribuzione della memoria storica sul territorio. L’area del Salice nuovo, inoltre, di antico non conserva più nulla ma è caratterizzata da una crescente urbanizzazione e da un paesaggio che, complessivamente, non è dei migliori”.
Visita delle scolaresche, escursioni a piedi o in bicicletta, ricostruzioni virtuali della storia al suo interno, anche queste sono le idee di Favia. “Sarebbe un’attrazione per il turismo locale, per quello fuori regione dovremmo pensare a qualcosa di più grande, a un museo federiciano, a Masseria Pantano e ad altro”. Se Federico II continua a far parlare di sé nei convegni, ci sarebbero altre vie per ravvivarne la memoria e i luoghi.
Paola Lucino
Pubblicato il 18 Maggio 2024