Cultura e Spettacoli

Pulsano, un luogo di spiritualità più vecchio del tempo

Il Gargano, si sa, è da tempo immemorabile luogo di pellegrinaggi. Coloro che prendono la strada per Monte Sant’Angelo lo fanno in direzione d’uno dei più antichi Santuari della Cristianità, dove nei secoli arrivarono fedeli non solo da oltre mare, ma anche da oltre Alpi e, di questi, si fermò più volte chi era diretto in Terra Santa a combattere gli  infedeli. Dal tempo delle Crociate molto è cambiato, ma la cittadina, ammantata dal verde dei boschi, rimane uno dei fascinosi luoghi dove si respira tutt’oggi una fortissima aura religiosa. Poiché nella cittadina tutto prese inizio  dall’apparizione dell’Arcangelo Michele, è  inevitabile iniziarne la visita dal Santuario di S. Michele Arcangelo, la cui presenza è indicata già da lontano dall’ottagonale campanile in blocchi di  calcare voluto da Carlo I d’Angiò nel 1274, prendendo a modello le torri del federiciano Castel del Monte, Al fondo del piazzale, su cui svetta, è il Santuario vero e proprio, che secondo la tradizione sarebbe stato costruito nel sec. V dall’allora Vescovo di Siponto S. Lorenzo Maiorano (488), ma che più probabilmente sorse nel secolo successivo su una più antica Badia , divenendo una sorta di luogo di culto nazionale dei Longobardi. La sua ricostruzione risale al sec. IX. Un atrio ottocentesco, che però riutilizza un portale trecentesco, a destra, precede una scalinata, pure ottocentesca,  che termina presso la cosiddetta porta del Toro, della metà del sec. XVII.  Dietro, su un secondo atrio, si presenta la facciata vera e propria della Chiesa, il cui portale accoglie la porta di bronzo  fatta fondere a Costantinopoli nel 1076: i battenti sono impreziositi, ciascuno, da 12 pannelli, in argento e rame, ma con intarsi colorati, che raffigurano episodi del Vecchio Testamento. Al di là di tale accesso si è nella navata costruita dagli Angioini, chiusa sul fondo dalla seicentesca Cappella del Sacramento. A destra si apre invece  la Grotta dell’Arcangelo: nell’abside destra si trovano la  marmorea statua di S. Michele di Andrea Sansovino (+ 1529) e una bella sedia episcopale del sec. XII.  Il Museo devozionale  custodisce l’icona di S. Michele Arcangelo, in rame sbalzato, da sempre considerata opera bizantina del sec. VI o VII, ma in realtà longobarda e databile al sec. VIII o IX. Benché ridotto a rudere, il castello conserva una certa imponenza. La sua lunga fase costruttiva prese avvio nel sec. XI e vide interventi sia di Federico II  di Svevia che degli Aragonesi. Il panorama che si abbraccia dai suoi spalti va dall’Appennino lucano al mare Adriatico e dalla sottostante Mattinata alla Foresta Umbra. A pochissima distanza dal campanile del Santuario, la distrutta Chiesa di S. Pietro è il punto di riferimento per raggiungere la tomba di Rotari (nome convenzionale),  una struttura quadrata, a metà della quale  una galleria regge due ordini di finestre e il tamburo ottagonale della cupola: ancora di incerta identificazione, i più la ritengono un battistero del sec. XII, altri un campanile, altri ancora un mausoleo. Il nome tomba di Rotari le è stato attribuito, sia per  l’ardita cupola (tholus, dal greco tholos, ma nel Medio Evo volgarmente tumba, che per l’erronea lettura del nome Rodelgrimo, riportato in un’iscrizione commemorante la ricostruzione dell’edificio. Essa si trova all’interno, cui si accede per un bel portale, dove sono scolpiti i capitelli d’imposta dei piloni angolari. Chi ha visitato i luoghi di culto di Siponto difficilmente non troverà somiglianze fra S. Maria di Siponto e la Chiesa di S. Maria Maggiore di Monte S. Angelo. La tradizione, infatti, vuole che questa sia stata costruita nel sec. XI dal Vescovo di quella città, al cui intervento risale proprio la facciata, poi modificata nel secolo successivo. Il Museo delle Arti e delle Tradizioni Popolari del Gargano “Giovanni Tancredi”, a oriente dell’antico rione Junno, cui si accede dalla piazza della Tomba di Rotari attraverso un voltone e che conserva l’antico impianto urbanistico delle civiche abitazioni a schiera, con sede dal 1925 nell’ex Convento di S. Francesco (sec. XIV), illustra tutte le sfaccettature della vita umana nel mondo garganico. Nei dintorni, edificata sull’omonimo colle del promontorio, in un paesaggio di burroni e grotte che ricorda un po’ quello delle gravine,  in onore della SS.  Mater Dei  Maria di Nazareth,,  sul cadere del sec. VI, per opera di S. Gregorio Pp. il Grande (590-604), che, nato in Roma dalla famiglia patrizia Anicia, era stato Pretore nel 573 e poi, datosi a vita contemplativa, ben prima di essere mandato da Pelagio Pp. II di Vinigildo (578-90) Nunzio Apostolico a Costantinopoli ed essere poi eletto suo successore, aveva fondato diversi monasteri in Italia e Sicilia, si erge maestosa l’Abbazia di Pulsano, residenza  di cenobiti, eremiti e monaci latini e orientali, che  e nel corso dei secoli ha avuto alterne vicende. Agli inizi del sec. XII fu ricostruita dal santo  eremita Giovanni da Matera (1070-1139),  detto perciò  il Pulsanese,  pellegrino sul Gargano al Santuario  del santo Arcangelo Michele, dalla cui austera testimonianza di vita scaturì un’autonoma famiglia monastica, l’Ordine degli Eremiti di Pulsano, detti anche gli Scalzi (1118), della  cui casa-madre  fu primo Abate. L’Ordine pulsanese, rifacendosi rigidamente sia alla Regola di S. Benedetto da   Norcia che alla tradizione monastica orientale già presente a Pulsano, ebbe in questa Badia  la sua Casa Generalizia, da cui dipesero circa 40 monasteri, sorti non solo in tutto il Gargano, ma pure nel  resto d’Italia: i più famosi furono infatti i monasteri pulsanesi toscani, ubicati lungo la via Francigena , nel tratto da Pavia a Roma. Sull’opposta sponda adriatica, nell’isola ragusea di Melita, sita in un’insenatura del Veliko Izero, sorge un’antica Badia fondata da monaci provenienti da Pulsano (1151), rifatta e fortificata nel sec. XVI e oggi trasformata in albergo, La chiesa, di stile romanico-pugliese, è della fine del sec. XII, con un portico. Nei dintorni di Hvar,  capoluogo amministrativo dell’isola dalmata  di Lesina è l’altra chiesa  di Sv. Ivan (S. Giovanni), la più antica dell’isola e sua prima sede episcopale, costruita nel sec. VI, rifatta in forme romanico-pugliesi nel sec. XII da monaci pulsanesi. Nelle forme attuali l’Abbazia di S. Maria di Pulsano, gravemente danneggiata da un terremoto nel 1646, fu edificata a opera del Beato Gioele da Monte S. Angelo,  Sacerdos et Magister,  terzo Abate Generale dell’Ordine pulsanese. La chiesa abbaziale, con il presbiterio ricavato in una grotta naturale, al termine dei lavori di costruzione era stata solennemente dedicata da Alessandro Pp. III  Bandinelli nell’anno 1177, 18° del suo pontificato, il quale consacro pure l’altare quadrato, uno dei pochi esempi d’altari  bizantini ancora  presenti in Italia. I monaci risiedettero stabilmente sul colle di Pulsano fino alla soppressione murattiana del 1809, al tempo di Pio Pp. VII Chiaramonti (1800-23). Intorno all’Abbazia, su spuntoni rocciosi e pareti scoscese, vera santa l a u r a garganica, sono disseminati 24 eremi rupestri, collegati fra loro da sentieri: è un patrimonio davvero unico e irripetibile della Capitanata. Per ben 188 anni il complesso è stato in una situazione di abbandono e di incuria, tali da determinare, anche per i  furti subiti, un notevole depauperamento del patrimonio artistico dell’Abbazia. Grazie all’opera del volontariato, prima, e poi successivamente, del clero regolare, di nuovo presente dal 1997, l’Abbazia è oggi rinata a nuova vita. La laboriosa presenza della comunità monastica, bizantina e latina nella liturgia e nella spiritualità, ha consentito a questo sacro luogo di rifiorire quale centro di religiosità e di  cultura al servizio delle  civiche comunità delle Puglie. L’abbazia cura: una Scuola di Iconografia, che durante la stagione estiva  introduce numerosi giovani e adulti allo studio dell’immenso patrimonio artistico, spirituale e teologico delle icone sacre , insegnano a essi anche le antiche tecniche di questa  pittura millenaria; una b i b l i o t e c a, ben fornita di oltre 17.ooo testi liturgici, patristici, storici e teologici; nelle ore pomeridiane di ogni sabato una Lectio divina, aperta a quanti desiderino approfondire la conoscenza della divina Parola, oppure nei pomeriggi delle Domeniche di Avvento e Quaresima;durante l’estate, settimane bibliche;secondo l’antica tradizione monastica, uno s c r i p t o r i u m, che ha già pubblicato notevoli testi sull’Abbazia e sull’Abate S. Giovanni suo fondatore;la rivista  Legebam et ardebam, contenente ,meditazioni e approfondimento sulle letture liturgiche domenicali;una ospitale f o r e s t e r i a per quanti desiderino condividere con i monaci l’esperienza della preghiera e della meditazione. Castelli e cattedrali, badie ed eremi, monti, ulivi e mare, terra e umanità

Emilio Benvenuto


Pubblicato il 19 Giugno 2015

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