Pd pugliese a rischio commissariamento
Ci è voluta una pesante sconfitta elettorale come quella subita in Puglia dal Pd alle politiche dello scorso 4 marzo e l’impaludamento del partito alla Regione sulle dimissioni scandite nell’arco di otto mesi da tre suoi assessori perché qualche dirigente locale dei Dem pugliesi si “svegliasse”, chiedendo formalmente ai vertici nazionali di intervenire per la situazione in cui è finito il loro partito nel “tacco d’Italia”. Ad essere contestano è soprattutto il governatore pugliese, Michele Emiliano (Pd), che – alla luce di quanto sta accadendo – è accusato, da tre segretari provinciali dei sei complessivi presentiin Puglia, Giampiero Mancarelli (Taranto), Ippazio Morciano (Lecce) e Rosaria Fusco (Brindisi), di essere assolutamente indifferente verso gli organi del partito cui fa parte, così come assoluta è alienazione del suo agire quotidiano da quelle che sono le istanze urgenti dei territori, oltre che di superficialità nel tenere a mente il mandato che gli è stato affidato, ossia il governo della Regione Puglia in primis. Ma i responsabili del Pd delle tre province salentine hanno anche rimarcato la loro “grande amarezza” nell’apprendere la nomina di un uomo notoriamente di destra, Simeone Di Cagno Abbrescia, a presidente dell’Acquedotto pugliese, che difficilmente potrà essere spiegata (e forse anche accettata senza pregiudizi o sospetti) dall’elettorato dem tradizionale e da qualche forza di sinistra alleata che, prendendo a pretesto proprio la nomina di Di Cagno Abbrascia, ha colto l’occasione per abbandonare alla Regione la maggioranza di governo di cui faceva parte insieme al Pd. Ma nella fronda dei segretari Pd di Taranto, Lecce e Brindisi al governatore pugliese non sono state tralasciate neppure le recenti decisioni in tema di Sanità, vedi la chiusura di 39 Punti di primo intervento, e quelle sulle nomine dei direttori generali delle Asl, con la introduzione della nomina del management ad esclusivo appannaggio del presidente, in antitesi a quanto da sempre sostenuto dal Pd di liberare la Sanità dalla politica. Pertanto, rivolgendosi agli organi superiori di partito (però, senza precisare quali), Mancarelli, Morciano e Fusco hanno chiesto di intervenire, perché non intendono più “essere trascinati nella baraonda di un partito in cui non vigono regole basilari di rispetto delle reciproche funzioni”. Fin qui la presa di posizione dei tre dirigenti del Pd salentino. E ciò che – a detta di molto osservatori – meraviglia è invece l’assoluto silenzio della situazione del partito nelle diverse realtà territoriali della Puglia, dove i circoli sono ridotti ormai solo a delle dislocazioni logistiche per l’insegna e gli organi territoriali sono composti solo da nomi presenti sulla carta, con responsabili che sono ridotti a semplici esecutori di ordini che fanno capo a livello personale direttamente a questo o a quel referente. Situazione, questa, che potrebbe portare in futuro anche ad ulteriori tracolli non solo sul piano elettorale, ma anche organizzativo del partito, che già ora, in alcuni dei 47 Comuni pugliesi chiamati al voto alle amministrative del 10 giugno prossimo, non sarebbe in grado – secondo alcuni bene informati – di assicurare la presentazione di liste complete di candidati con la sigla del Pd. Quindi, l’invito partito dai tre segretari provinciali salentini del partito agli organi superiori di intervenire potrebbe essere nel Pd pugliese un primo timido tentativo di ribellione alla situazione di silenzio ed immobilismo in cui è finita questa forza politica con la segreteria regionale di Emiliano prima e Marco Lacarra dopo. Quest’ultimo, infatti, – secondo alcuni addetti ai lavori – altro non è che un “alter ego”dello stesso Emiliano, ma che per ragioni tattiche si “spaccia” e viene fatto passare dagli ambienti dem pugliesi per “renziano doc”. Pertanto, se il tentativo avviato da Mancarelli, Morciano e Fusco dovesse avere successo, a breve potrebbero innescarsi delle reazioni a catena anche in altre realtà periferiche della Puglia dove il Pd non è fino sotto il controllo diretto o indiretto di Emiliano, o di suoi “alter ego”finti renziani. Iniziative di contestazioni e dissenso che sommate ad altre e più altisonanti manifestazioni di protesta interna al Pd pugliese, potrebbero fornire un giusto pretesto ai vertici nazionali del Pd per intervenire nel partito pugliese, commissariandolo. Decisione, questa, che però difficilmente potrà avvenire prima degli assestamenti interni degli assetti dei vertici nazionali del partito, a cominciare dal segretario e dagli altri organi ad esso connessi. Situazione i cui sviluppi dovrebbero verosimilmente avvenire non prima della nascita del nuovo governo del Paese e non prima, forse, neppure delle amministrative di giugno. Infatti, se – come qualcuno ha già ipotizzato – il Pd, in diversi dei 47 Comuni pugliesi chiamati ad eleggere il sindaco ed a rinnovare il consiglio, non dovesse addirittura presentare la lista, celando i propri candidati nelle fila di liste civiche, allora l’intervento degli organi nazionali diventerà verosimilmente inevitabile. E dal capitolino Largo del Nazareno – come fa sapere qualche bene informato – non aspettano altro, per mettere ordine all’interno del partito pugliese e sferrare un decisivo attacco che potrebbe ridimensionare il “governatore-padrone” della Regione e del Pd pugliese, che per ora tace sui primi timidi dissensi contro di lui e la sua azione di governo.
Giuseppe Palella
Pubblicato il 17 Aprile 2018