Cultura e Spettacoli

Passo di Corvo, il ‘sospetto’

Il modo migliore per scoprire avanzi archeologici consiste nel sorvolare le aree interessate al mattina o a sera, quando la luce, essendo molto obliqua, fa risaltare i microrilievi prodotti da rovine appena affioranti e che a terra sfuggirebbero. Oggi per mezzo dei droni, che possono avanzare anche a bassissima velocità e da altezze variabili, tale tipo di ricerca è particolarmente fruttuosa. In passato l’individuazione di questi micro rilievi era affidata al caso di piloti attenti, nonché scrupolosi nella segnalazione di un ‘sospetto’ nel quotidiano rapporto di fine missione. Dovette andare così nella scoperta di Passo di Corvo, il grande insediamento del Neolitico i cui avanzi sono venuti alla luce in località Arpinova, non lontano da San Marco in Lamis (vedi immagine). Era metà maggio 1943 quando un ricognitore della Royal Air Force sorvolava il foggiano per individuare gli obiettivi su cui più avanti sarebbero stati scaricati ordigni (il primo di quei nove rovinosi bombardamenti – che ebbero fine il 18 settembre – era stato fissato per il 28 maggio). La missione, dunque, era solo esplorativa. A bordo di quel ricognitore viaggiava pure un fotografo, incaricato di individuare le strutture mimetizzate (casematte e postazioni antiaeree). Quel militare scattò forse un migliaio di fotogrammi, poi destinati ad essere oggetto di studio dello Stato Maggiore. I fotogrammi relativi all’area di Arpinova si distinguevano per la singolare concentrazione di strade, mura, fossati, recinti, incavi… Il tutto appena accennato, faceva pensare – a prima vista – ad  una gigantesca base sotterranea. Ma poi gli esperti alleati conclusero, giustamente, che quei micro rilievi tutto segnalavano meno che installazioni militari. Pur inutile ai fini bellici, però, il materiale relativo ad Arpinova  invece che distrutto venne archiviato. A guerra finita, quelle foto vennero desecretate. Tra coloro che poterono osservarle c’era anche un archeologo, cui quelle gibbosità del terreno instillarono un ‘sospetto’. Da una sua segnalazione prese il via una vasta campagna di scavi condotti dall’Università di Genova sotto la direzione del Prof. Santo Tiné. Vennero così alla luce fossati a ‘C’ utilizzati per il drenaggio del terreno attorno alle singole abitazioni (vedi ancora immagine), cisterne per l’acqua piovana, recinti e sepolture (sedici). L’insediamento di Passo di Corvo, che fu popolato tra il V e il IV millennio avanti Cristo, è oggi uno dei pochi parchi archeologici del Neolitico visitabili in Italia. Il Parco, che si estende su un’area di circa 130 ettari, si distingue anche per la riproduzione di scene di vita quotidiana attraverso la ricostruzione a grandezza naturale di una capanna del Neolitico.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 2 Giugno 2018

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