Lotta per il dominio del Regno di Napoli, quasi come Achei contro Troiani
La parola Troia richiama l’idea della guerra, sicché la mente corre al lunghissimo cimento fra Achei e Troiani cantato da Omero nell’Iliade. C’è stata però un’altra battaglia di Troia di cui l’epica non si è occupata, una battaglia consumatasi tremila anni dopo le gesta di Ettore e Ulisse e ad alcune migliaia di chilometri di distanza. Uno scontro affatto decennale essendosi risolto nel giro di una dozzina di ore. Era il 18 agosto 1462 quando Aragonesi e Angioini, allora in lotta per il dominio del Regno di Napoli, si affrontavano sotto le mura di quella ‘piccola’ Troia che, a poca distanza da Foggia, sorge arroccata su un’altura di 439 m. ; è il caso di ricordare che il nucleo primordiale di questa cittadina risale allo stesso periodo in cui secondo la leggenda Diomede, reduce dalla guerra omerica, approdò in Puglia dove fondò diverse città. La battaglia della ‘nostra’ Troia, nella quale gli uomini del re Ferrante e di Alessandro Sforza si contrapposero a quelli di Giovanni d’Angiò e Jacopo Piccinino, non vide impegnate forze imponenti : tra fanti e cavalieri gli Aragonesi potevano essere un tremila ; qualcosa in più gli Angioini. Ebbero la peggio questi ultimi. La vittoria aragonese fu raffigurata in due dei pannelli di bronzo,opera dello scultore francese Guglielmo Monaco, che nel 1474 vennero poste ad ornamento delle porte della rocca di Castelnuovo Cilento a dimostrazione del peso strategico del successo, considerato fra i tre più importanti di quella guerra. La battaglia di Troia fu celebrata anche in ‘De proelio apud Troiam Apuliae urbem confecto a divo Ferdinando rege Siciliae’, un poemetto composto dall’umanista Porcelio de’ Pandoni quando fra il 1465 e il 1466 era insegnante a Napoli. Sul tema è tornato di recente Armando Miranda autore di ‘Una nuova-vecchia battaglia : Troia, 18 agosto 1462. Ricostruzione e analisi dell’evento militare’. Miranda riporta un episodio curioso che, analizzato, dà l’idea della profonda diversità delle battaglie di ieri rispetto ad oggi : Dopo il primo scontro vittorioso, parte degli aragonesi del Ferrante si erano abbandonati al saccheggio del campo avversario nella tracotante convinzione che gli angioini non sarebbero usciti da Troia, nell’abbraccio delle cui mura avevano trovato rifugio. E invece gli angioini guidati dal Piccinino operarono una coraggiosa sortita nel momento in cui nemici facevano bottino di provviste e vino. Assaliti “silenziosamente”, gli aragonesi – probabilmente annebbiati dal vino – furono in gran numero “scossi e pigliati”. “Accortosi del fatto”, Giovanni d’Angiò giocò il tutto per tutto mandando avanti il resto dei suoi uomini. La pronta e audace mossa fu premiata dalla sorte : per la seconda volta gli aragonesi ebbero ragione degli angioini che dovettero abbandonare il campo lasciando sullo stesso centinaia di morti e non pochi prigionieri, tra cui centocinquanta cavalieri, come riporta Giovanni Pontano nel suo ‘De Bello Neapolitano’.
Italo Interesse
Pubblicato il 29 Gennaio 2016