Cultura e Spettacoli

L’isola di Pelagosa sottratta alle Tremiti e all’Italia

Il Trattato di Pace  dettato dalle Potenze Alleate e Associate (Australia, Belgio, Brasile, Canada, Cecoslovacchia, Cina, Etiopia, Francia, Grecia, India, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Polonia, Regno Unito di Gran Bretagna e d’Irlanda del Nord, Repubblica Federativa Popolare di Jugoslavia, Repubblica Sovietica Socialista di Bielorussia,  Repubblica Sovietica Socialista d’Ucraina,  Stati Uniti d’America, Unione delle Repubbliche Sovietiche Socialiste e Unione Sud-Africana) all’Italia., dopo aver provveduto negli articoli e commi precedenti alla definizione di altre clausole territoriali, disponeva all’art. 11, n° 2: L’Italie  cède à la Yougoslavie en pleine souveraineté  l’ìle  de Pelagosa et les ìlots adjacents.L’ìle de Pelagosa restera  démilitarisée. A Pelagosa et dans les eauux avoisinantes,, les pècheuurs italiens jouiront del mèmes droit que ceux qui y étaient reconnus aux pécheurs yougoslaves avant le avril 1941. Il testo definitivo dell’art. 11, n° 2, del trattato è del tutto e in tutto identico al testo dell’art. 11, n° 2, del progetto del trattato e non risulta che a questo siano stati proposti emendamenti da alcuna delle Potenze Alleate e Associate, né alcuna controproposta  fu avanzata da parte italiana, il che trova la sua sola giustificazione nella ben maggiore preoccupazione destata dalle dimensioni e conseguenze delle altre clausole dello stesso  durissimo diktat: revisione delle nostre frontiere (artt. 1-5) e cessione di territori di confine  alla Francia (artt. 6-9), dell’Istria e della Dalmazia alla Jugoslavia (artt. 11-13) e del Dodecaneso alla Grecia (artt. 14); rinuncia alla sovranità italiana sulle città e terre chiamate a costituire il Territorio Libero di Trieste (artt. 21-22);perdita delle colonie africane: Eritrea, Libia e Somalia Italiana (art. 23);rinuncia alle concessioni in Cina: Amoy, Shanghai e Tientsin (artt. 24-26): ritorno allo statu quo ante il 7 aprile 1939 con rinunzia a ogni diritto,  influenza o privilegio prima o dopo  quesito in Albania e cessione alla stessa  dell’isola di Saseno (artt. 27-32): ritorno allo statu quo ante  il 3 ottobre 1935 con rinunzia a ogni diritto, influenza o privilegio quesito prima o dopo in Etiopia (artt. 33-389; clausole militari, navali ed aree (p. IV), etc. In direzione NE delle Tremiti sono l’isola della Pianosa e il gruppo della Pelagosa, che, con quelle, nel periodo terziario costituivano l’Adria. La Pianosa,  che prende il nome dal suo aspetto pianeggiante, si trova a NNE della Caprara, dalla quale dista 11 miglia, distandone da Rodi Garganico 18 e 20 da Peschici. Ha una lunghezza di m. 700, una larghezza massima di m. 250, un’altezza massima di m. 15, una superficie di ettari 11.33.60 e uno sviluppo costiero di m. 1.750. Queste isole non sono servite da linee di navigazione, onde sono di difficile accesso. La costa della Pianosa, come l’interno, è rocciosa e, per essere molto bassa,  è visibile solo a breve distanza e durante le tempeste viene in parte sommersa dalle acque. La costa a N ha fondali a picco, mentre quella a S è contornata da una secca che si estende per circa 100 metri al largo. Da E a W, sulla costa settentrionale, si trovano la Punta di Levante, la Cala del Grottone, in fondo alla quale il Grottone, a circa un metro dal livello del mare, è usato come rifugio dai pescatori, la Cala di Tramontana, sulla quale a destra c’è il  faro, e la Punta di Ponente. Nell’interno, verso questa, v’è un laghetto di m. 25 circa di diametro, profondo fino a otto metri, in comunicazione sotterranea col mare, onde la profondità varia con l’alta e bassa marea. Nella galleria sotterranea i pescatori raccolgono cozze nere. Quest’isola è completamente disabitata e priva di piante e animali. Anticamente era frequentata dai Dalmati nei periodi di pesca di aragoste e sarde. Nel 1880 fu occupata da pescatori tremitesi, che vi costruirono 12 capannoni in muratura e due serbatoi d’acqua potabile, che servivano loro durante la stagione di pesca. Nella seconda guerra mondiale (1939-45) l’isola servì agli Alleati quale campo per esercitazioni di tiro per l’aviazione, il che comportò la distruzione dei capannoni, del  faro e dei pozzi. L’isola  è sempre restata italiana. Sempre sull’asse dell’Adriatico, in direzione NE, da Pianosa, dalla quale dista 23 miglia,  e a 28 miglia da Peschici, il gruppo delle Isole della Pelagosa, costituito dalla Pelagosa Grande, dalla Pelagosa Piccola, da numerosi scogli secondari che coronano le isole e dallo Scoglio Caiola, distante tre miglia dalla Pelagosa Piccola: in totale circa 16 scogli. Lo stesso art. 1i. n° 2, c. 1°, del Trattato di Pace li cima molto genericamente ìlots e non  ne indica il numero, né ne elenca i nomi. Pelagosa Grande è lunga m. 1.400, larga m. 300, con un’altezza massima  di m. 87 da lato NW, e nella maggior parte alta e rocciosa. Vi sono due approdi, uno, il migliore,  sulla costa meridionale, in una piccola insenatura presso la Spiaggia di Zadlo, molto ghiaiosa, subito riconoscibile, perché in fondo a essa si notano i muri di sostegno della stradina che porta al faro e per tre casette grigio-scuro sul lato di ponente. L’altro approdo è sito sulla costa settentrionale nella calanca di Squero Vecchio, in fondo a una valle che prende il suo nome, collegata al fato da un sentiero. Esso sorge  imponente, alto m. 116 sul mare, sulla punta NW dell’isola, con luce intermittente bianca, visibile a sette miglia di distanza, ed è costit6uito da una torre ottagonale su un fabbricato a due piani per l’alloggio del fanalista e, più a levante, la Cappella di S. Michele. L’isola è spopolata e vi abita solo il personale della Delegazione di Spiaggia e del faro, mentre è frequentata da pescatori durante la stagione della pesca alle sardine e agli sgombri, che è molto abbondante. Davanti l’insenatura di Zadlo, a m. 70 dalla spiaggia omonima, sullo scoglio nerastro Sasso di Zlado è saldamente infisso un anello per l’ormeggio di piccole navi. A circa 250 metri a W di Pelagosa, emerge la Scogliera del Pampano, con la secca omonima, sulla quale a volte si infrange il mare, e tra questa scogliera e l’isola si elevano gli Scogli Manzi, dalla forma conica, che ricorda i Pagliai di Tremiti. Pelagosa Piccola è molto più piccola della precedente: lunga m. 400, larga m. 150, con un’altezza massima di m. 39; masso roccioso e irregolare, a m. 200 a SE di Pelagosa Grande. Il canale tra le due Pelagose è detto Passo di Bogaso e una secca di  due metri rende difficile la navigazione. L’isola è circondata da una quantità di scogli minori, che prendono il nome dalla loro esposizione: quello di Tramontana, a NE, lungo m. 200 e largo m. 75. quello d’Ostro, a SE, lungo m. 100, Braghe, a SW,, oltre la Secca Nina. A tre miglia a ESE di Pelagosa Piccola, spunta la C a i o l a, un isolotto lungo m. 180 e alto m. 5,80. Come già detto in seguito al diktat di pace subito dall’Italia dopo il secondo conflitto mondiale (art. 11, n° 2) il gruppo delle Pelagose entrò a far parte del territorio sottoposto alla sovranità della Jugoslavia. Le  cronache  di  quel   tempo  nefasto  non  registrarono    una  sola voce critica, una  sola  protesta,  contro  quel  latrocinio.  A  fare  eccezione  e  a rompere questo  funebre  silenzio  fu  allora  l’On.le Dr.  Michele Vocino, giornali sta  professionista di gran vaglia e noto scrittore, Consigliere di Stato,  nostro comprovinciale (n. Peschici, 27.o9.1881)  eletto Deputato nel 1948 nel Collegio Foggia-Bari della D.C., il quale sostenne – riscuotendo l’universale consenso dei maggiori  cultori di geografia –  che le Pelagose, gruppo di isole e non arcipelago, appartengono all’arcipelago – e non gruppo –  delle Tremiti e quindi all’Italia sotto l’aspetto geografico, geologico e storico. Scriveva il Vocino: “L’argomento della Pelagosa è argomento di amarezza per l’Italia”. Lo è ancor più oggi, che, implosi dapprima l’Impero austro-ungarico e poi  (e per ben due volte!) la Jugoslavia, si sono rivisti . . . Croati, messi qui nella vigna a far da pali:. . . come sogliono in faccia a’ Generali, co’ baffi di capecchio e con que’ musi, davanti a Dio diritti come fusi.  (G. Giusti, Sant’Ambrogio, 1846, vv.19-24)

Emilio Benvenuto


Pubblicato il 16 Luglio 2015

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio