Cronaca

L’ipotesi macroregioni rilancia il sogno di Antonio Pellegrino

Potrebbero anche non essere soltanto boutade o sogni, quelli dell’assessore provinciale della Bat, Pompeo Camero, che soppesando l’unificazione tra il suo territorio e quello della Capitanata vagheggia la possibilità che assieme vadano a costituire una nuova Regione, o di Lorenzo Lommano, leader della Lega Sannita che vagheggia la Regione Sannio che andrebbe ad accorpare la Daunia, un consistente pezzo della Campania e il Molise o del tenacissimo Gennaro Amodeo che da anni insegue il progetto della Moldaunia, che vedrebbe assurgere a nuova Regione l’accoppiata Molise-Daunia.

Il fatto è che si moltiplicano le voci che dicono che – dopo aver posto mano alle Province, praticamente dimezzandole – il Governo intenda adesso rivedere i confini regionali, ed anche in questo caso accorpando, unendo, più che moltiplicando, com’è invece successo in passato.

Si avvicina, insomma, l’ora della macroregioni, e, se da un lato questa prospettiva implica che sarà molto difficile che possano aver successo progetti che tendono alla costituzione di nuove microregioni, come quelli di Camero, Lommano e Amodeo dall’altro il possibile rimescolamento dei confini regionali non esclude la possibilità che – seppure all’interno di più vaste aggregazioni regionali – possano celebrarsi nuovi matrimoni tra territori che da tempo si guardano l’un con l’altro con un certo interesse.

L’ipotesi delle macroregioni non è nuova, e fu proprio quella che, qualche anno fa, produsse l’indagine commissionata al Censis dalla Provincia i Foggia llora guidata da Antonio Pellegrino, che potrà successivamente al “patto” tra le quattro province di Foggia, Benevento, Avellino e Campobasso.

È una ragione di più per riprendere quel discorso, per approfondirlo e se del caso aggiornarlo, perché l’idea di partenza di quel Rapporto Censis non faceva una grinza: lo sviluppo non è più pensabile, nell’era della globalizzazione, in termini di confini regionali e a maggior ragione provinciali: è necessario ipotizzare nuovi “quadranti territoriali” di sviluppo che esaltino quella che molto efficacemente l’allora presidente della Provincia definiva “identità territoriali dello sviluppo” intendendo con questo sottolineare la possibilità che le specificità, le vocazioni endogene, il genius loci, venga rilanciato in ambiti territoriali affini, ma sensibilmente più vasti.

Maggiori approfondimenti sull’edizione cartacea, online e/o in edicola


Pubblicato il 8 Novembre 2012

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio