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L’effimera pacificazione di Emiliano con una parte della sua maggioranza

Nonostante le conclusioni del vertice di maggioranza di mercoledì scorso alla Regione abbiano lasciato intendere una ritrovata pace tra il governatore pugliese, Michele Emiliano (Pd), e la squadra di consiglieri che lo sostiene nell’aula barese di via Capruzzi, sia sulla linea politica che sulla ricomposizione della giunta, in realtà l’apparente pacificazione potrebbe rivelarsi ben presto effimera, se il Presidente della Regione dovesse scontentare oltre ogni ragionevole aspettativa quanti sperano in un effettivo cambio di passo nell’azione di governo della Puglia. Ma, soprattutto, nella scelta dei nomi per i tre assessorati rimasti vacanti dopo le dimissioni di Gianni Giannini, Filippo Caracciolo e Michele Mazzarano, tutti e tre del Pd. Infatti, appena 48 ore dopo il summit di maggioranza i nodi non sciolti durante l’incontro sono tornati al pettine e la sostituzione dei tre assessori mancanti potrebbe rivelarsi un affare contorto e complicato più del previsto per Emiliano, che sperava forse di aver risolto il problema chiedendo ai capigruppo della sua maggioranza di indicare i nomi dei nuovi assessori, ben sapendo che la palla sarebbe poi rimbalzata nuovamente su di lui per l’evidente imbarazzo all’interno dei gruppi di maggioranza a trovare la quadra in armonia.Ed è così che le divisioni già presenti prima del vertice all’interno del Pd sono riemerse proprio sui nomi dei consiglieri che Emiliano ha accennato di voler portare in giunta, a cominciare dalla “riesumazione” di Giannini, ossia dell’ex assessore del Pd alle Infastrutture, dimessosi a luglio 2017 perché indagato dalla Procura di Bari e che Emiliano vorrebbe riportare in giunta, perché a quanto pare la sua vicenda giudiziaria, pur non essendosi ancora formalmente conclusa, sembrerebbe volgere verso un chiarimento che lo vedrebbe estraneo ai fatti per cui è indagato. Ma proprio sulla “questione Giannini” si  aprirebbe per Emiliano una contraddizione ed un’eccezione clamorosa, in quanto un altro ex assessore del Pd, Mazzarano, che, pur non essendo indagato, non verrebbe ripescato, essendosi dimesso due settimane fa solo per non creare imbarazzo all’esecutivo ed allo stesso Emiliano, a seguito della diffusione di un servizio televisivo in cui veniva sospettato di essere stato nel 2015 protagonista di un presunto episodio di voto di scambio. Insomma, nel caso Giannini rientrasse nell’esecutivo e Mazzarano invece restasse fuori, sarebbe un’eclatante contraddizione per il governatore pugliese perché vorrebbe significare che ha usato due pesi e due misure nel criterio di valutazione per la scelta dei nomi da portare in giunta. Però, ancora peggio sarebbe la considerazione che Giannini verrebbe “riesumato” in giunta ancor prima della sua formale dichiarazione giudiziale di estromissione dalla vicenda in cui è stato coinvolto e che la sua riabilitazione a ritornare nell’esecutivo avverrebbe per il sol fatto che Emiliano evidentemente è in possesso di notizie formalmente ancora riservate che vedrebbero chiarita in modo favorevole la  posizione giudiziaria dell’ex assessore alle Infrastrutture. E quest’ultima considerazione – a detta di molti – crea non poche perplessità ed interrogativi circa il modo di agire di Emiliano, che nel caso in questione risulterebbe addirittura informato in anticipo circa l’imminente estromissione di Giannini dall’inchiesta giudiziaria per la quale sarebbe finito sotto indagine. Ma anche l’indicazione del consigliere renziano del Pd da portare in giunta si sta rivelando una scelta non facile per Emiliano, perché l’opzione su cui potrebbe propendere, ovvero il consigliere salentino Sergio Blasi, potrebbe creare malcontenti non solo tra i restanti tre esponenti renziani del gruppo (in particolar modo il barlettano Ruggero Mennea che dovrebbe sostituire Caracciolo nella rappresentanza territoriale di quella provincia), ma anche con esponenti salentini di altre forze di maggioranza che in precedenza sono stati esclusi dall’ingresso in giunta soltanto perché detta provincia era già sufficientemente rappresentata nell’esecutivo regionale. Quindi, l’eccezione per Blasi non sarebbe affatto giustificata. Divisioni e contrasti ancor più laceranti emergerebbero anche nel gruppo de “I Popolari per Emiliano”, qualora il governatore decidesse di affidare una delega assessorile ad uno dei tre esponenti presenti in consiglio, in particolare tra il barese Peppino Longo ed il foggiano Napoleone Cera. Anche se poi – a detta di qualche bene informato – l’intero gruppo sarebbe propenso a rivendicare un assessore interno al consiglio anziché mantenere, come è attualmente, un esponente esterno, Salvatore Ruggeri, contestato recentemente anche da altre forze della coalizione di maggioranza per la posizione a favore del centrodestra dimostrata alle recenti politiche. Una schiarita, invece, sembrerebbe giungere ad Emiliano dal coordinamento regionale di “Articolo 1-Mdp” che nell’Assemblea regionale conta due esponenti, ossia il brindisino Pino Romano ed il leccese Ernesto Abbaterusso. Infatti, con una recente nota il partito dei fuoriusciti dal Pd lo scorso anno ha dato disco verde all’ingresso di un proprio rappresentante nell’esecutivo di Emiliano, dando mandato al suo coordinatore, lo stesso Abbaterusso, di riferire ad Emiliano sia il nome del futuro assessore che i termini della decisione. Ma anche quest’ultima schiarita è forse ancora troppo poca per fare uscire il governatore Emiliano dalla palude politica in cui è impantanata da tempo la sua maggioranza.

 

 

Giuseppe Palella


Pubblicato il 7 Aprile 2018

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