La Puglia introduce la doppia preferenza genere, ma è scontro
Approvato l'obbligo minimo del 40% per ciascun genere nelle liste, ma senza l'esclusione in caso di violazione
La proposta originaria approvata in VII Commissione “Affari istituzionali” prevedeva l’esclusione dalla competizione elettorale regionale delle liste che non avrebbero rispettato il principio di equilibrio di genere nella loro composizione, con un rapporto minimo del 40% per ogni genere e, quindi, con un massimo per l’altro genere del 60%. In Aula, invece, è passata una versione annacquata, che non prevede la sanzione dell’inammissibilità delle liste per chi viola il principio d’equilibrio tra generi, ma si limita a riproporre una semplice sanzione e norme già esistenti, come la doppia preferenza di genere, introdotta dal Governo Conte col decreto legge n. 86 del 31 luglio 2020, convertito con la legge n. 98 del 7 agosto 2020, e valevole anche per le prossime elezioni regionali. Infatti, a seguito di tale soluzione, dalle fila della stessa maggioranza di centrosinistra si sono già levate voci critiche su un provvedimento elettorale che ha più un sapore propagandistico che una effettiva utilità pratica ai fini di favorire una maggiore presenza femminile tra i banchi dell’Aula barese di via Gentile. “Mi auguro ora un intervento della segretaria nazionale Elly Schlein, per ripristinare in Aula il testo originariamente proposto” – ha dichiarato l’assessore al Bilancio, Fabiano Amati del Pd, che ha concluso aggiungendo: “Senza una sanzione chiara, come l’inammissibilità delle liste non conformi, la parità di genere resta uno slogan, buono per i convegni, i sit-in e le mozioni congressuali, ma privo di reale efficacia. E questo non è tollerabile”. Anche per il Gruppo del M5S alla Regione “votare la doppia preferenza di genere senza prevedere l’inammissibilità delle liste che non rispettino le percentuali del 60-40 nella presenza dei due generi, vuol dire vanificare lo spirito stesso della norma solo per appuntarsi una spilletta al petto”. Infatti, i pentastellati pugliesi in una nota hanno spiegato di “aver sottoscritto e votato la legge passata all’unanimità in VII Commissione” perché ritengono che una semplice sanzione, come previsto fino dal provvedimento finale approvato dal Consiglio, non serva a niente. Difatti, i consiglieri del M5S hanno ricordato che in Commissione si erano accordati per non presentare emendamenti alla norma, salvo poi cambiare le carte in tavola, come difatti è avvenuto ieri in Aula. Una lista composta ad esempio per l’80% da uomini e per il 20% da donne non garantisce pari opportunità di accesso, rendendo nulla la norma. Pertanto, hanno rilevato i pentastellati, con la norma approvata ieri in Puglia “non cambia niente rispetto al 2020, quando il presidente del Consiglio Conte si era sostituito alla Regione e dire che ci siamo adeguati a quello che è previsto nelle altre Regioni, ovvero una semplice sanzione pecuniaria, non è una scusa, perchè avremmo potuto essere la Regione capofila per un cambiamento culturale”. E, a chi dice che il voto contrario è contro le donne, i pentastellati hanno risposto che è esattamente il contrario. Ossia, di non voler accettare compromessi al ribasso su un tema così importante, ritenendolo invece una questione di primaria importanza. Motivo per cui, alla luce di quanto modificato in Aula, ora il M5S pugliese chiede con forza di applicare la sanzione prevista dalla legge regionale del 2005, cosa fino ad ora mai successa. Per la presidente del Consiglio regionale, Loredana Capone, l’approvazione così come avvenuta rappresenta comunque un atto politico importante ed un indubbio passo avanti, anche se sarebbe stato auspicabile approvare la legge così come era stata presentata, che prevedeva l’esclusione della lista in caso di mancato rispetto della proporzione tra i sessi, rispetto all’attuale sanzione pecuniaria. La disposizione approvata, per Capone, comunque impegna a garantire un’equa rappresentanza di genere nell’assise regionale, perché attualmente su 50 consiglieri solo 8 sono donne e la doppia preferenza si presenta come uno strumento assolutamente indispensabile nella strada che porta alla parità e all’equità nell’accesso alle cariche pubbliche, che ancora oggi sono troppo spesso appannaggio di un solo sesso. Il Capogruppo del Pd, Paolo Campo, in una nota ha chiarito che la discussione in Aula si è articolata a partire dal testo elaborato dalle colleghe Lucia Parchitelli e Loredana Capone ed approvato all’unanimità dalla Commissione riforme istituzionali, ma modificato in Aula con grande senso di responsabilità da parte del Pd, al fine di ottenere un’indispensabile intesa con la minoranza e giungere comunque all’approvazione della proposta. In altri termini, Campo ha confessato che senza la modifica apportata e, quindi, l’intesa con la minoranza, la maggioranza avrebbe potuto non avere i numeri in Aula per approvare la doppia preferenza di genere con l’esclusione delle liste che non avessero raggiunto il rapporto minimo tra i generi previsto dalla proposta approvata all’unanimità dalla VII Commissione. Sulla seduta di ieri del Consiglio regionale riportiamo anche il contenuto di una nota dei setti consiglieri dell’opposizione che fa capo al partito di Giorgia Meloni, Fdi, che hanno rilevato: “Ancora una volta la maggioranza di Emiliano è inesistente oltreché litigiosa”. Fattori, questi, dimostrati per Fdi sia dal fatto che è mancato il numero legale in occasione della discussione sul punto all’ordine del giorno relativo all’utilizzo delle acque superficiali e sotterranee, sia soprattutto “dall’esilarante spettacolo” fornito in occasione della votazione dell’emendamento riguardante la legge sulla parità di genere all’interno delle liste da presentare alle elezioni regionali e che prevede una sanzione a carico del partito/gruppo che non dovesse rispettare il parametro 60/40 nelle liste, al posto dell’esclusione delle stesse. “Ebbene, – hanno commentato i rappresentanti di Fdi alla Regione – oltre al M5S che tanto si è riempito la bocca sulla parità di genere e di doppia preferenza, salvo poi votare contro in Aula, è stato addirittura il presidente Emiliano a votare contro”, sottolineando che l’emendamento in questione era frutto di un accordo bipartisan ed essendo anch’essi favorevoli al rispetto della parità di genere, mai ci sarebbero aspettati “di assistere all’ennesima faida intestina al centrosinistra – di cui il M5S è stampella – nel corso dei lavori del Consiglio regionale”. Insomma, non c’è pace nella maggioranza di Emiliano neppure quando sono d’accordo.
Giuseppe Palella
Pubblicato il 16 Aprile 2025