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La lezione di Emilio Benvenuto, passione ed equilibrio

Cosa avvicina lo studio del Diritto a quello della Storia? Il nostro Prof. Emilio Benvenuto, recentemente scomparso, ha disegnato un ponte fra le due branche del Sapere cui ha consacrato la sua quasi centenaria esistenza. Se non si può indagare il  passato – nel quale più si affonda, più latitano le fonti – senza il rigore scientifico, la prudenza e l’ansia di giustizia che connotano il giurista, di contro, altrettanto impossibile è muoversi nel limbo che separa il Giusto dal Falso ignorando la lezione che viene dal passato, indispensabile a comprendere l’origine del Diritto. Emilio Benvenuto si manifestò coerente nell’applicazione di un suo metodo, ovvero questo muoversi nello scibile avendo come punto di riferimento la certezza che la Legge ha contribuito a scrivere la Storia nella stessa misura in cui quest’ultima ha determinato la genesi della prima. A cementare quel ponte di cui prima, Benvenuto pose la fede nei valori religiosi, al quale tema dedicò studi ponderosi: ‘La fede religiosa dei popoli coloniali’ e ‘Il processo di Gesù’. Non è un caso che quest’uomo infaticabile – il quale non si occupò solo della sua terra (la Daunia) avendo profuso non poche energie anche nello studio dell’archeologia precolombiana, rumena, albanese, serba ed etiope – si sia diviso senza sforzo fra cose in apparenza lontanissime come ‘Lo stato di necessità nel diritto penale’, ‘Daunia archeologica e monumentale’ e ‘San Francesco, il Poverello d’Assisi’. Appare così evidente come una potente tensione filosofica abbia innervato ‘sotto traccia’ l’opera di Emilio Benvenuto, che ai più alti interrogativi si dedicò apertamente solo in ‘Storia del pensiero umano da Talete di Mileto ad Henry Bergson’. In conclusione, Benvenuto fu studioso eclettico, avendo come fine l’armonizzazione di dottrine diverse. Andò dunque in controtendenza, visto che i suoi anni di maggiore produzione coincisero con quelli in cui la Scienza cominciava a perdere di vista una visione ‘panoramica’ dello scibile per smarrirsi in una miriade di vicoli ciechi, ciascuno corrispondente a settori di esasperata specializzazione. Benvenuto disdegnò sempre questi budelli claustrofobici del pensiero, queste buie derive dello scibile, tra l’altro responsabili della nascita di quegli ‘orticelli’ in cui si è arroccato e con campanilismo provinciale tanto mondo accademico. L’onestà culturale e la natura discreta furono i suoi anticorpi  naturali. La scomparsa di Emilio Benvenuto è occasione per riflettere sulla funzione sociale dell’intellettuale, il quale se ha il dovere morale di fuggire ogni torre d’avorio, deve altresì fuggire ogni seduzione di facile consumo popolare. La lezione di Benvenuto si racchiude in una sintesi mirabile di passione ed equilibrio.

Italo Interesse


Pubblicato il 29 Aprile 2016

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