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Il teologo Bux sulle modifiche al ‘Padre Nostro’: è in atto l’anarchia liturgica

Presto la nuova traduzione del messale romano con alcune significative varianti. “L’ anarchia liturgica già esiste. Contrario alle modifiche di traduzione del messale, inopportune”: il noto liturgista e teologo barese don Nicola Bux recentemente in un interessante intervento è intervenuto sul tema in questione. Lo abbiamo intervistato.
Don Nicola, secondo rumors ben accreditati, presto la Cei potrebbe approvare per l’ Italia la nuova traduzione del messale romano con alcune significative varianti, per esempio nella prima parte del Gloria e nel Padre Nostro. Lei ha preso carta e penna e con un editoriale ha sollevato dubbi. Perchè?
“L’ ho scritto perchè da varie parti in Italia ho ricevuto e percepito la preoccupazione su questa ventilata traduzione e approvazione da parte della Cei, in base alla quale nell’edizione italiana del messale romano verrebbero introdotti dei cambiamenti”.
In che cosa consistono le sue contrarietà?
“Questi cambiamenti sono da evitare perchè incidono sulla memoria collettiva. Continue e frenetiche modifiche non aiutano. Pensi che il messale detto di Paolo VI, quello del 1970, in 50 anni ha conosciuto tre versioni, cosa mai successa prima. Il precedente messale, quello di San Pio V, era del 1570, 400 anni prima. Come è pensabile, senza danni, mutare tre volte in un arco di tempo tanto breve? Non si offre la possibilità di assimilare, è un omaggio alla logica del provvisorio che alimenta la precarietà”.
Lei ha detto che al contrario, gli orientali sono del tutto restii alle novità.
“Può anche essere che si cada nell’eccesso opposto, ma esiste una Regula Fidei da rispettare e nella quale credere. L’ operazione di traduzione e approvazione è negativa e anche un rischio”.
Che cosa non la convince nel cambio del Gloria?
“Il problema è che nella prima parte si vuole introdurre la formula lucana, ovvero la traduzione letterale del Vangelo di Luca. Osservo che non è la liturgia il posto dove fare questioni di esegesi. Sono del parere che è meglio lasciare le formule vecchie. E c’è anche una strana contraddizione”.
Prego..
“Se per il Gloria si è scelto il criterio della fedeltà assoluta al Vangelo di Luca, perchè non farlo nella consacrazione dove si dice “pro multis”, cioè per molti e non per tutti? Due pesi e due misure, magari perchè il ‘per tutti’ è maggiormente inclusivo e rispondente ad una certa idea di chiesa in voga oggi”.
Il Padre Nostro?
“Si pensa di mutare la parte finale mettendo, in luogo di “non indurci in tentazione”, il “non abbandonarci alla prova”. Chi afferma questo, sinceramente, non conosce la Sacra Scrittura, non ha letto per esempio il libro di Giobbe e non ricorda che lo stesso Gesù è stato tentato dal diavolo. Il male obbedisce a Dio che però lo permette. Tale modifica obbedisce alla solita logica buonista”.
Pensa che potrebbero verificarsi delle obiezioni di coscienza da parte dei preti?
“Già oggi alcuni preti considerano il messale come una sorta di canovaccio sul quale fare esperimenti e arrangiamenti vari a loro piacimento. Nessuno si meravigli se avverrà questo. L’ anarchia liturgica esiste ed è in atto”.
Bruno Volpe


Pubblicato il 20 Novembre 2018

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