“Il paese non è razzista, capisco la posizione degli abitanti”
“Motta Montecorvino non è razzista e capisco la posizione dei suoi abitanti”: lo dice il parroco di Motta Montecorvino don Sergio Di Ruberto, della comunità di San Giovanni Battista. Cosa è accaduto nel comune del sub Appennino Dauno, 700 anime, la maggior parte anziani oltre gli 80? La Prefettura di Foggia ha deciso di inviare 50 migranti. E allora, gli abitanti hanno indetto un referendum che ha dato questo risultato: no ai migranti, sono troppi.
Don Sergio, un paese razzista, si può parlare di nuova Goro?
“Non siamo un paese di razzisti e respingo questa etichetta. Comprendo la posizione degli abitanti, le loro giustificate preoccupazioni”
Quali?
“La popolazione è composta nella maggioranza da anziani, spesso oltre gli 80 anni. Hanno paura che l’ arrivo di questi migranti possa sconvolgere la loro vita e temono anche fisicamente. Inoltre, cosa non indifferente, non siamo ricchi, anzi. Manca il lavoro. Sarebbe impossibile gestire 50 migranti in un borgo di 700 anime che non ha punti di ritrovo e di svago. Cosa farebbero? Alla fine, colpa non loro, bivaccherebbero inoperosi tutto il giorno. Non è il modo giusto per favorire l’integrazione”
Che cosa dimostra?
“Il fallimento della poltiica migratoria. Se andiamo avanti di questo passo, saranno gli italiani a doversi integrare. Qui rischiamo di chiudere la scuola per mancanza di alunni”
Ma la Chiesa italiana invoca accoglienza…
“Giusto, ma va fatta con criterio e prudenza e a chi ne ha diritto. Inoltre, bisogna fare in modo che queste politiche di accoglienza non si trasformino, come avvenuto altrove, in affare per persone poco oneste”
Quali sono le difficoltà?
“Oggi, va detto, spesso gli italiani si sentono estranei in casa propria. Gli immigrati, non tutti, in alcuni casi si comportano in maniera riottosa, si ribellano, rifiutano persino il cibo che i volontari danno, non rispettano le leggi, le tradizioni e i costumi di chi li ospita. Li vedo spesso davanti alla stazione ferroviaria di Foggia o a Bari che trascorrono il tempo con birra e telefonino: questo indispone i locali e non mi pare una forma corretta di integrazione. Danneggia sia gli italiani sia i migranti”
Però gli italiani sono stati un popolo di migranti, non possiamo dimenticarlo…
“Mio padre, come tanti connazionali, è andato a lavorare in Germania. Ha sempre rispettato le regole e ci è andato con documenti. I migranti italiani si sono integrati e hanno generato ricchezza. Quanto alla carità è giusto e doveroso farla e non bisogna mai guardare alla pelle, al colore e alla razza, ma con prudenza, guardando anche a chi ne ha diritto nell’osservanza delle leggi. Tuttavia, questa carità parte sempre dai vicini. Intendo dire che un padre responsabile, se ha un solo piatto di pasta, prima di tutto lo offre al figlio e dopo agli estranei”.
Bruno Volpe
Pubblicato il 10 Novembre 2016