Cronaca

I Re Magi un centimetro alla volta

“In Persia è la città ch’è chiamata Saba, da la quale si partiro li tre re ch’andaro adorare Dio quando nacque. In quella città son soppeliti gli tre Magi in una bella sepoltura e sonvi ancora tutti interi con barba e co’ capegli : l’uno ebbe nome Beltasar, l’altro Gaspar, lo terzo Melquior. Messer Marco dimandò più volte in quella cittade di quegli tre re : niuno gliene seppe dire nulla, se non che erano tre re soppeliti anticamente”. Così Marco Polo nel trentesimo capitolo de ‘Il Milione’. A quella Saba corrisponde oggi il villaggio iracheno di Dakan Sorkn, posto a poca distanza dal Golfo Persico. Se così, Gaspare, Melchiorre e Baldassarre dovettero affrontare un viaggio di oltre duemila chilometri. Se a dorso di cammello o di dromedario non è dato sapere (ma nella Cappella dei Magi, un famoso ciclo di affreschi ospitato all’interno di Palazzo Medici Riccardi a Firenze e dipinto da Benozzo Gozzoli, allievo di Beato Angelico, la ‘Cavalcata dei Magi’ vede i tre personaggi in groppa a dromedari). Nel primo caso avrebbero avuto bisogno di almeno tre settimane, nel secondo molto meno. In ogni caso, un gran bel viaggio. Di qui, la consuetudine di collocare i Re Magi nel presepe di casa solo all’Epifania. Ma se le dimensioni del presepe lo consentono, i Magi vengono collocati nel punto più lontano dalla grotta e fatti avanzare di qualche centimetro al giorno. C’è pure chi scavalca il problema del trasporto a una o due gobbe facendo avanzare i Magi a piedi. Nei presepi viventi questo problema viene aggirato con l’uso del cavallo. Una scelta determinata dal fatto che cammelli e dromedari educati all’ essere cavalcati sono più difficili da reperire. In Rete è inoltre possibile acquistare Magi che cavalcano elefanti… Dire Magi vuol dire anche considerare l’astro misterioso che illuminò il cielo di Palestina in quei giorni fatali. Per quanta cura si usi nel rendere verosimile la ricostruzione della grotta e del contesto ambientale, nessuna attenzione viene accordata a tale corpo celeste. Tale disattenzione è già nell’impiego del termine : ‘stella cometa’. Un termine decisamente improprio dal momento che una stella non può essere una cometa, e viceversa. La prima è un corpo celeste di enormi dimensioni che, posto a enorme distanza dal sistema solare, si presenta statico. La seconda è invece un corpo celeste piccolissimo e mobile. Eppure nell’iconografia cristiana antica la stella di Betlemme non è mai rappresentata con la coda (l’esempio più antico è un affresco delle Catacombe di Priscilla del III-IV secolo). La comune rappresentazione a forma di cometa e l’impropria dicitura ‘stella cometa’ risalgono al fatto che Giotto, impressionato dal passaggio della Cometa di Halley nel 1301, la disegnò appunto come una cometa nel celebre affresco conservato nella Cappella degli Scrovegni a Padova. A partire dal XV secolo il particolare ha avuto una straordinaria fortuna nelle rappresentazioni della Natività forse perché la coda risponde al desiderio di rappresentare un oggetto celeste che indichi una direzione, in accordo con la lettura popolare del testo evangelico. Ciò posto, quale fenomeno astronomico segnò il firmamento duemila e passa anni fa? Se, come suggerisce qualcuno, non si trattò di un’invenzione letteraria volta a enfatizzare la nascita del Salvatore, le possibilità sono tre : Una cometa, il formarsi di una supernova oppure congiunzioni planetarie di singolare brillantezza. In ogni caso l’impossibilità di assegnare una data certa alla nascita di Gesù (il 25 dicembre dell’anno zero ha valore non più che convenzionale) priva di significato ogni calcolo astronomico a ritroso.
Italo Interesse


Pubblicato il 23 Dicembre 2017

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