Grano duro, nel 2023 attesi oltre 4 mln di tonnellate, in aumento del 12%
Sono i dati emersi dai DurumDays, l’evento che ha visto riuniti a Foggia tutti i protagonisti della filiera
Quest’anno la produzione nazionale di grano duro in Italia dovrebbe attestarsi sopra i 4 milioni di tonnellate, con un incremento di circa il 12% rispetto alla campagna precedente. Ad attestarlo sono le previsioni del Crea, l’ente di ricerca agroalimentare. La coltivazione si presenta al momento in buone condizioni, pesa però l’incognita legata all’andamento meteorologico delle prossime settimane che potrebbe compromettere lo stato della coltura. Le stime sono state rese note ieri a Foggia nel corso dell’evento DurumDays 2023, che ogni anno chiama a confronto tutti gli attori della filiera per fare il punto sulle previsioni della campagna.
Mentre lo scenario produttivo mondiale attesta un sostanziale recupero (dati Areté), la situazione delle scorte iniziali per la campagna 2023/24 è al minimo storico, e ciò è un fattore potenzialmente di supporto ai prezzi medi, generalmente ridotti nella campagna 2022/23 rispetto alla precedente (Canada, -19%, Usa -25%, Foggia -15%). Permangono tuttavia elementi che possono tornare a mettere in tensione i prezzi, tra cui: il livello minimo di scorte, i volumi produttivi effettivi ancora dipendenti dal livello delle rese (sia in Europa che in Nord America), così come la contrazione del premio di prezzo del frumento duro rispetto agli altri cereali, il frumento tenero e mais, che aumenta le possibilità di trasmissione di tensioni da un mercato ad un altro.
Dal 2024 scatterà un ulteriore obbligo per ottenere l’aiuto accoppiato, ovvero quello di utilizzo di seme certificato.
Secondo i dati elaborati dal Crea, le superfici soggette a controllo per la produzione di seme certificato di grano duro sono aumentate dell’8,5%.
Italmopa, l’Italia deve importare il 40% di frumento duro
“L’andamento del mercato nazionale del frumento duro non può prescindere dall’evoluzione al rialzo o al ribasso dei mercati internazionali. L’Italia esporta il 60% circa della sua produzione di pasta alimentare, vendite che possono essere garantite solo ricorrendo alle importazioni che costituiscono strutturalmente il 40% del nostro fabbisogno”. Lo ha detto il presidente della Sezione Molini a frumento duro Italmopa – Associazione Industriali Mugnai d’Italia, Enzo Martinelli nel corso dei Durum Days.
“Non si può pertanto fare astrazione del contesto internazionale all’interno del quale si muove inevitabilmente e aggiungerei irrimediabilmente, la nostra filiera – ha aggiunto il presidente – e acquisita questa premessa, riteniamo che la valorizzazione della produzione nazionale e la riduzione del differenziale negativo tra le quotazioni del grano nazionale e quello di importazione, costituisca un obiettivo prioritario non solo per l’imprenditoria ma anche per la trasformazione industriale. Un obiettivo che può essere raggiunto attraverso il superamento delle criticità che ancora contraddistinguono la nostra produzione primaria, dalla frammentazione dell’offerta, all’inadeguatezza logistica, ma anche attraverso l’incremento della qualità media delle nostre produzioni”. Un punto, questo, sul quale Martinelli ha ribadito il ruolo indispensabile del contratto di filiera, purché esso sia totalmente esente da ogni condizionamento sindacale nella determinazione dei prezzi di compravendita del prodotto. “L’Industria molitoria e Italmopa che la rappresenta – ha concluso Martinelli – si è sempre espressa nell’interesse della filiera e di tutti gli attori che la compongono, auspicando la massima collaborazione e non contrapposizione. Ci auguriamo che questo approccio possa essere condiviso, a prescindere dalle contingenze e che siano archiviati i dogmatismi antiindustriali che si stanno pericolosamente sedimentando nel nostro Paese”.
Pubblicato il 18 Maggio 2023