Gli eremiti si arresero e andarono via
Esistono diverse convenzioni per ciò che riguarda l’altezza che separa una montagna da una collina. La più accreditata stabilisce questo limite in 600 metri sul livello del mare. Ma non sempre la toponomastica si attiene a tali convenzioni. Spesso il ‘titolo’ di monte viene assegnato ad alture anche di duecento metri. Ciò avviene quando un rilievo presenta un dislivello notevole sul terreno circostante o quando ragioni storiche (la presenza di insediamenti umani o di fortificazioni) hanno conferito al sito particolare importanza. E’ questo il caso di Monte Devio che si erge a soli 264 m. nel territorio di San Nicandro Garganico tra i laghi Lesina e Varano. Per ragioni panoramiche (di lassù nelle giornate più terse, è possibile spaziare con lo sguardo fino alla piana di Sagri, al massiccio del Gran Sasso e ai monti marchigiani), oltre che naturalistiche, Monte Nevio è uno dei luoghi più rilevanti del Parco Nazionale del Gargano. Ma non sono questi gli unici motivi che hanno determinazione la ‘promozione’ a montagna di una collina. Monte Devio deriva il suo nome dall’abitato di Nevia che popolò quella vetta già in epoca precristiana. Abitato da popolazioni sia indigene che provenienti dalla opposta sponda adriatica (Japigi, poi nominati Dauni a seguito dell’ibridazione con le genti locali), il sito ospitò a lungo un casale fortificato. Non si hanno notizie certe circa la fondazione di questo casale, ma vi è attestata, nell’XI secolo, la presenza di una comunità di origine slava governata da un juppàno. L’economia del casale si fondava principalmente sull’agricoltura. Nevia fu abbandonata dai suoi abitanti verso la fine del XIV secolo, probabilmente a causa delle incursioni saracene. Rimasero solo i componenti di una comunità eremitica che si era installata nella cadente chiesa di Santa Maria. Per tutta la durata della loro permanenza quei religiosi si adoperano in ogni modo per salvare il tempio dal degrado. Quando l’impresa si rivelò superiore alle loro possibilità, e ciò avvenne nel 1774, gli eremiti lasciarono chiesa e sito. Solo di recente quel gioiello del romanico pugliese è stato restituito alla sua bellezza (vedi immagine). Gli imponenti interventi conservativi hanno salvato i cicli di affreschi di gusto bizantineggiate datati tra i secoli XII e XIV conservati al suo interno. Santa Maria è tutto ciò che resta del sito di Nevia. E’ possibile che spoliazioni ripetute ad opera di saccheggiatori o più semplicemente di abitanti della zona nella necessità di procurarsi a buon mercato blocchi di roccia squadrata da adoperare altrove, abbiano fatto piazza pulita di tutto il resto. La sola presenza di quella chiesa sembra troppo poco per insignire quel luogo del titolo di ‘sito archeologico’, come invece fa la più importante enciclopedia virtuale.
Italo Interesse
Pubblicato il 13 Ottobre 2018