Cronaca

Ecco come le faggete Unesco reagiscono alla siccità

Le faggete vetuste della Foresta Umbra, dopo essere state inserite nel patrimonio naturale dell’Umanità con il primo riconoscimento italiano per il valore biologico ed ecologico, sono le prime in Italia su cui è in corso un importantissimo monitoraggio sulla crescita degli alberi capace di quantificare aspetti finora sconosciuti del ciclo vitale del faggio nelle foreste vetuste mediterranee. Considerando l’eccezionale siccità che sta colpendo il Paese in questo anno da record climatico, lo studio in corso nelle faggete del Parco Nazionale del Gargano sarà di estremo interesse per la conservazione delle faggete garganiche e per osservare la strategia operata dai faggi durante quest’estate particolarmente arida.

Abbiamo montato – ha spiegato Alfredo Di Filippo, docente del Dipartimento DAFNE dell’Università della Tuscia di Viterbo – nove sensori metallici (dendrometri elettronici) in tre zone che presentano condizioni ambientali diverse. I primi risultati di questo studio, che monitora su scala sub-oraria le oscillazioni che interessano il fusto dell’albero, confermano sorprendenti capacità di crescita dei faggi che aumentano in circonferenza anche 1-2 mm al mese nelle prime fasi della stagione vegetativa. La crescita è stata particolarmente intensa tra metà maggio e i primi di giugno, incrementando rapidamente nei periodi caldi conseguenti ad eventi piovosi, ma mostrando stasi nelle fasi aride. Altro elemento importante è che alberi si contraggono ed espandono giornalmente anche di 1-2 decimi di mm (in senso radiale), con le manifestazioni più impressionanti a seguito delle piogge, in cui l’albero può aumentare notevolmente il volume dei propri depositi idrici in fusto e rami”. I dati sul monitoraggio sono stati forniti nel corso di una conferenza stampa svoltasi a Palazzo Dogana a Foggia e organizzata dal Parco Nazionale del Gargano, che ha colto l’occasione per ufficializzare l’iscrizione delle faggete della Foresta Umbra nel Patrimonio Naturale dell’Umanità. Ha voluto farlo proprio con Alfredo Di Filippo, che nel percorso di candidatura UNESCO è stato responsabile della supervisione scientifica del dossier, oltre ad aver fornito un importantissimo contributo tecnico direttamente agli ambasciatori UNESCO sia nell’incontro preliminare di Parigi che direttamente a Cracovia al World Heritage Committee, durante il quale c’è stata l’iscrizione ufficiale.

Si tratta del primo riconoscimento per il valore biologico ed ecologico – ha precisato Di Filippo – perché i quattro siti naturali già insigniti dall’UNESCO (Dolomiti, Monte San Giorgio, Etna e Isole Eolie), sono tutelati per la loro eccezionalità riguardo la storia geologica della Terra e per la bellezza naturale mentre quello delle faggete è invece un aspetto unico su scala continentale che dà lustro ad un duro lavoro che ha coinvolto, per oltre 5 anni, più di 250 ricercatori ed esperti di 12 nazioni europee. Sono particolarmente legato alle faggete della Foresta Umbra, davvero uniche a livello europeo per la presenza di faggi di 300-350 anni a quote estremamente basse (longevità di riferimento sotto gli 800 m slm sull’Appennino: 200-250 anni), alcuni dei quali rasentano le massime dimensioni raggiunte dalla specie (45-50 m)”.

Con questa nuova iscrizione, l’Italia detiene ben 10 delle 75 faggete Patrimonio dell’Umanità. I siti selezionati ricadono nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise; Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi; Parco Nazionale del Gargano; Parco Nazionale del Pollino; Comuni di Soriano nel Cimino e Oriolo Romano.


Pubblicato il 2 Agosto 2017

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