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Confagricoltura lancia l’allarme sulla carne, in Puglia il consumo è sceso del 4%

“I continui allarmismi sul cibo e sui rischi da consumo ora di questo ora di quell’alimento non producono altro che panico nei consumatori e alterazioni nel mercato, danneggiando seriamente l’economia”. Lo afferma Umberto Bucci, presidente di Confagricoltura Puglia, secondo cui nel territorio regionale, negli anni della crisi, il consumo della carne e’ sceso del 4%. In Puglia, dai 107,15 euro spesi mensilmente dalle famiglie pugliesi per la carne nel 2008, si e’ passati a 102,89 euro (dati Istat). “Una perdita di quasi il quattro per cento annuo – dice Umberto Bucci – che in questo momento di lieve ripresa potrebbe cominciare a rientrare. Ma il lancio di questi allarmi mette a repentaglio l’intero andamento del mercato”.  “L’informazione su una corretta alimentazione e’ sacrosanta e non se ne deve fare a meno – insiste Bucci – Ma sparare nel mucchio, senza guardare ai dati e’, questo si’, davvero rischioso”. I dati dicono che in Italia il consumo di carne e’ nettamente inferiore a quello di altri Paesi e confermano che negli anni della crisi, e’ stata registrata una sensibile diminuzione. In particolare, il consumatore italiano mediamente consuma 79 chilogrammi di carne l’anno, con una frequenza di circa 3 – 4 volte a settimana. “Se confrontati con i circa 130chili di carne consumata procapite negli Stati Uniti, non c’e’ paragone”, dice il presidente di Confagricoltura. Che aggiunge:“Negli ultimi anni, stante la crisi economica, il consumo di carne e’ letteralmente crollato”. “E’ di tutta evidenza che la diffusione di notizie allarmistiche sul consumo di carni – sottolinea Umberto Bucci – non e’ senza effetti rispetto allo sviluppo di un settore,che gia’ in passato, fra morbo della mucca pazza, lingua blu e aviaria, ha gia’ pagato tantissimo, con il solo vantaggio di far arricchire le case farmaceutiche”.L’alimentazione è corretta solo quando la dieta alimentare che si segue è equilibrata. Come affermano gli esperti e confermano sia gli studi che la prassi, ciascun alimento, assunto nelle dovute quantità, non arreca un danno bensì un beneficio: sono le indicazioni della famosa “piramide alimentare”. È la qualità del prodotto che si consuma a fare la differenza». Così Giuseppe Verna, presidente degli artigiani alimentaristi di Confartigianato Imprese Puglia, commenta l’allarme sulle carni lavorate lanciato in questi giorni dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.«Non bisogna farsi contagiare da facili allarmismi. L’indicazione dell’OMS può spaventare, ma è semplicemente  dovuta al fatto che la classificazione dell’Organizzazione mondiale della sanità si limita ad individuare gli elementi dannosi senza classificarli in base al danno che producono».Per una persona, il rischio di sviluppare una patologia a causa del consumo di carne processata resta piccolo, ma aumenta in proporzione alla carne consumata. E gli italiani sono ben al di sotto delle soglie di pericolo.Ricorda, infatti, Verna che «la media del consumo di carni processate da parte degli Italiani è pari alla metà di tale dato. È chiaro – commenta – che il problema non è il consumo di carne in quanto tale bensì il consumo di carni che vengono sottoposte a particolari ed invasivi procedimenti modificativi. Certo bisogna scegliere con coscienza ma anche con la serenità data dalla consapevolezza che i prodotti di qualità sono garanzia di genuinità. In particolare, le aziende artigiane adottano procedimenti tradizionali che non alterano, bensì preservano le caratteristiche originali delle carni ed il loro valore nutrizionale, sottolineato anche dall’OMS. D’altra parte lo stesso consumatore potrà valutare al meglio il prodotto leggendo attentamente l’etichetta. Come Confartigianato – conclude il presidente – da sempre siamo in prima linea nella promozione di una delle bandiere del Made in Italy, la dieta mediterranea, come viatico di benessere e salute».In base ad un’elaborazione del Centro Studi di Confartigianato Imprese Puglia su dati Istat, la spesa media delle famiglie pugliesi, per l’acquisto di carne (bovina, suina, pollame, conigli, selvaggina e salumi) ammonta a 102,89 euro al mese, mentre in Italia è di 106,84 euro e nel Mezzogiorno di 111,19 euro, di cui 41,23 euro per le carni bovine, 13,75 per quelle suine, 25,88 per pollame, conigli e selvaggina e 21,18 per salumi.Al Sud, il 26,3 per cento dei consumatori non cambierebbe quantità né qualità, il 50,6 diminuirebbe la quantità, il 12, invece, la qualità ed infine l’11,10 diminuirebbe quantità e qualità.


Pubblicato il 31 Ottobre 2015

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