Caraccio cantò l’ultimo Hohenstaufen
Fra i tanti letterari che cantarono la figura dello sfortunato Corradino di Svevia rientra un poeta pugliese
Ricorre in questo giorno il 771esimo anniversario della drammatica fine dell’ultimo Hohenstaufen regnante. La storia è nota: Figlio di Manfredi e nipote di Federico II, il giovanissimo Corradino provò a conquistare con le armi un regno di cui aveva solo la corona. Ma, sconfitto dalle forze di Carlo D’Angiò nella battaglia di Tagliacozo del 23 agosto 1268, fu catturato, processato e condannato a morte. La sentenza fu eseguita a Napoli a Campo Moricino (attuale Piazza del Mercato) il 29 ottobre 1268. L’infelice aveva appena sedici anni… La tragica fine dell’ultimo degli Hohenstaufen (regnanti) commosse in ogni tempo letterati e artisti, che circondarono di un alone romantico la sua personalità. Alcune leggende fiorirono già negli anni immediatamente successivi alla sua morte, tutte relative alla sua decapitazione. Una prima versione vuole che Corradino, affrontando con coraggio la sua sorte, gettasse tra la folla un guanto prima di porgere il capo al boia. Questo guanto sarebbe stato raccolto da Giovanni da Procida, medico e già consigliere di Federico II, che poi sarebbe stato tra gli animatori dei Vespri Siciliani, rivolta che sottrasse la Sicilia agli angioini per sottometterla al dominio aragonese. E proprio durante i Vespri gli insorti sventolavano bandiere su cui era raffigurata una testa mozzata… Altra leggenda vuole che, ad esecuzione avvenuta, un’aquila (non a caso simbolo che compare sulle insegne della casata degli Hohenstaufen) piombasse dal cielo, per bagnare un’ala nel sangue di Corradino e poi volare verso il Nord. Dante ricorda Corradino in un passo del canto XX del Purgatorio. Francesco Mario Pagano scrisse la tragedia Corradino nel 1789. Il poeta ottocentesco Aleardo Aleardi gli dedicò una lirica dal titolo Corradino di Svevia. Anche lo storico tedesco Ferdinand Gregorovius dedicò alcuni versi alla vicenda del giovane principe svevo. Il compositore italiano Pino Donati gli dedicò un’opera lirica dal titolo ‘Corradino lo Svevo’ nel 1931. Italo Alighiero Chiusano scrisse il romanzo Konradin nel 1990. Lo scrittore Giuseppe Pederiali pubblicò nel 2009 il romanzo ‘La vergine napoletana’, anch’esso ispirato alle vicende dell’epoca. In tanto florilegio compare pure un poeta pugliese : Nato a Nardò nel 1630, Antonio Caraccio, Barone di Corano, fu a Roma al servizio di potenti uomini di chiesa (Bragadin, Costaguti e Spinola) in qualità di segretario, di maestro di camera o di capitano della guardia. “Uomo di molto senno, di grave e austero portamento, di modi distinti e di piacevole conversare”, il nostro barone fu pure apprezzato letterato (nel 1690 fece ingresso nell’Accademia dell’Arcadia di cui divenne uno dei dodici Vicecustodi col nome di Lacone Cromizi). Pur non elevandosi al di sopra del comune, fu il Caraccio verseggiatore sobrio e alieno dal cattivo gusto del secolo. Scrisse sino a tardissima età (si spense a Roma nel 1702 all’età, ragguardevole per l’epoca, di 72 anni). La sua ultima opera fu proprio ‘Il Corradino’. Il nostro poeta diede alla figura dello sfortunato Hohenstaufen una rappresentazione un po’ statica, da martire, si può dire. Ciò anche, se non soprattutto, allo scopo di discutere il tema della passione legata al potere regale. Caraccio sosteneva il dovere del sovrano di dominare le passioni al fine di realizzare un concetto di sovranità equilibrata, ispirata alle leggi della natura e della ragione, perciò carismatica e degna di rispetto : “La maestà senza rispetto è un nome senza sostanza e senza corpo, è un’ombra”… – Nell’immagine, una miniatura del Codex Manesse che illustra il quattordicenne Corradino di Svevia durante una battuta di falconeria.
Italo Interesse
Pubblicato il 25 Marzo 2023