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Armamenti chimici di iprite e fosgene, una fabbrica segreta a Foggia

Il consigliere Comunale Vincenzo Rizzi, su richiesta di FoggiAttiva si è fatto portavoce in Consiglio comunale di un’interrogazione nella quale intende chiedere al Sindaco, al Presidente del Consiglio comunale e all’assessore all’Ambiente di procedere ad istituire un tavolo tecnico con tutte le autorità competenti (Arpa, ASL, Istituto Superiore della Sanità, IZP, ecc.) allo scopo di verificare se sussistono pericoli oggettivi per la salute pubblica e, nel caso, di procedere ad una bonifica del sito all’interno della recinzione dei terreni dell’I.P.Z.S., dove si ipotizza fosse operativa, durante la seconda guerra mondiale, una fabbrica segreta per la produzione di armamenti chimici di iprite e fosgene.
Sono in pochi a sapere che a Foggia, in via del Mare, in corrispondenza del cartello “Foggia città denuclearizzata”, all’interno della recinzione dei terreni dell’I.P.Z.S. (Cartiera), durante la seconda guerra mondiale, c’era una fabbrica che produceva tali armamenti, e pare che i suoi resti e il sito della fabbrica abbandonata non siano stati mai bonificati e che per
questo, ancora oggi, si corra il rischio di poter venire a contatto con i veleni che produceva.
Alcuni studiosi ipotizzano che la presenza della fabbrica nel nostro territorio fu una delle cause dei furiosi bombardamenti dell’estate del 1943 da parte degli alleati.
La fabbrica oggi abbandonata, realizzata nel 1941 dai fascisti sotto la guida di esperti tedeschi (spacciata per fabbrica di birra) entrò in funzione nel 1943 per essere distrutta nello stesso anno, prima della ritirata dei Nazisti, sorge a ridosso di un centro abitato, ed è circondata da campi agricoli.
In un documento storico rinvenuto negli anni ’90 compaiono indicazioni minuziose su come si doveva procedere alla distruzione della “fabbrica della morte” che fu ordinata dall’alto comando tedesco. Il sito venne distrutto il 26 settembre del 1943. La scelta di questo giorno, in cui il vento non soffiava verso le linee nemiche distanti circa 10 Km, aveva il preciso intento di evitare che da esse potesse partire un contrattacco pensando che l’odore fosse dovuto ad un attacco chimico. La distruzione della fabbrica avvenne senza preoccuparsi minimamente di evitare la contaminazione dei resti e dell’area circostante, anzi furono posti dei cartelli che occultavano la reale natura della fabbrica. Ovviamente gli alleati non tardarono a comprendere di cosa si trattasse.
Presso l’archivio di stato di Foggia, è possibile reperire il carteggio con il quale il prefetto di Foggia nel 1948 tentò di adoperarsi per la bonifica del sito, utilizzando gli stessi operai che vi avevano lavorato, ma tale proposta non fu accolta dal Ministero della Difesa non ritenendo idoneo l’utilizzo di semplici operai per bonificare il sito, data l’elevata pericolosità. Ci sono testimoni che raccontano che per molti anni in tutta l’area che circondava la fabbrica non crebbe mai erba.


Pubblicato il 18 Dicembre 2014

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