Ad Apricena il mercato della selce
A pochi chilometri da Foggia, nel territorio di Apricena, si apre Pirro Nord, un sito preistorico che si distingue anche per il fatto di conservare un numero enorme di tracce di animali vissuti fra 1,7 e 1,3 milioni di anni fa. L’identificazione di 20 specie di anfibi e rettili, 47 di uccelli e più di 40 di mammiferi consente di immaginare un habitat profondamente diverso, caratterizzato da spazi aperti – interrotti da zone umide di piccola estensione e probabilmente a carattere stagionale, avvolte da una copertura arborea e cespugliosa – e da clima tendenzialmente arido. Un sito segnato da una lotta per la sopravvivenza particolarmente spietata a ragione della sorprendente quantità di prede e predatori : migliaia di esemplari di cavalli, bisonti e cervidi insidiati da iene, sciacalli, lupi, volpi, tigri, linci e giaguari. Completavano il quadro tassonomico, collocandosi in un’intangibile posizione intermedia, mammuth, porcospini e babbuini. Sulla carta, un ambiente ostile all’uomo, e invece il sito di Pirro Nord ha restituito oltre trecento avanzi di manufatti litici : ciottoli di selce scheggiati in modo da ottenere margini taglienti da utilizzare per attività domestiche tra cui il depezzamento delle carcasse animali e la lavorazione del legno oppure per la caccia e per la guerra, come asce, punte di freccia, di lancia o lame di coltello (vedi immagine). A Pirro Nord, dunque, era divenuta stanziale, attratta dalla grande quantità di selce, una comunità di cacciatori nomadi. Tanta vivacità dell’industria litica può spiegarsi non soltanto con l’abbondanza di materiale offerta dalla miniera che si apriva nel sito dove oggi sorge Apricena, ma anche col passaggio dalla civiltà della selce al culto della stessa ; un culto, chissà, accompagnato da ‘derive’ sacrificali (animali o nemici), allo scopo di scongiurare il rischio di restare a corto di tanto prezioso materiale. E cosa fece scattare questo passaggio? Forse la costatazione che durante l’estrazione e la lavorazione della selce si sprigionavano scintille…Ad Apricena non fu certo scoperto il fuoco, che già da tempo i primitivi avevano imparato ad accendere facendo sprizzare scintille da blocchetti di pirite sfregati su superficie più dure e scabre. Ad Apricena fu scoperto invece che la selce – ben più abbondante della pirite – produceva scintille in tempo anche minore che la pirite. Unico inconveniente, la necessità di sagomare la selce con precisione chirurgica, il che esponeva questa roccia al rischio di frantumarsi durante la lavorazione. Un rischio che però possiamo immaginare quasi inesistente per i ‘professionisti’ che operavano ad Apricena, sito dove forse convenivano anche da lontano tribù nella necessità di procurarsi selce lavorata. Lì, allora, fiorì pure un mercato? Non lo si può escludere. Come non si possono escludere scontri armati fra clan rivali per il possesso della più preziosa miniera.
Italo Interesse
Pubblicato il 25 Aprile 2018