A Crepacuore il nulla
Nella categoria ‘Siti archeologici della provincia di Foggia’ Wikipedia, discutibilmente, assegna un posto al Castello di Crepacuore, posto in un sito compreso tra il territorio di Celle San Vito e quello di Faeto. In realtà, tutto ciò che si può ‘ammirare’ di questo ‘forte di valico’, ovvero di una postazione difensiva a guardia di un passo montano, si vede nell’immagine accanto. Come appare evidente, essa non ritrae alcuna costruzione, né suoi ruderi. Ciò che si vede è solo il luogo dove il Castello di Crepacuore sorgeva, ovvero la vetta di Monte Castiglione, un’altura che svetta a poco meno di mille metri in posizione baricentrica tra il Tavoliere e l’Appennino campano. La prima notizia che si ha di questo maniero risale al 1024, anno in cui esso – come riportato da un documento – venne assegnato dagli imperatori bizantini Basilio e Costantino al vescovo di Troia. A Crepacuore si insediarono i cavalieri Gerosolimitani. Due secoli dopo il loro posto venne preso dai soldati di Carlo I d’Angiò. Compreso il valore strategico della struttura, il d’Angiò, il quale aveva in mente di debellare la colonia musulmana di Lucera, arrivò a ordinare una leva nella contea di Ariano pur di assicurarsi la manovalanza necessaria a rinforzare la piazzaforte. Terminati i lavori, Carlo poté mettere Lucera sotto assedio. La città capitolò il 12 agosto 1269. Anche dopo la vittoria il re preferì lasciare nel castello una folta guarnigione di soldati pronti a intervenire in caso di nuove rivolte. Nel 1272 u regio decreto concesse alle famiglie dei soldati provenzali di raggiungere Crepacuore. Ma presto soldati e famigliari abbandonarono la piazzaforte per fondare i nuclei abitati di Celle San Vito e Faeto, così dando vita alle minoranze franco-provenzali della nostra regione. Chiusa l’era delle Crociate dopo la resa di San Giovanni d’Acri nel 1291, la fortezza progressivamente decadde. Il colpo di grazia glielo inflisse il devastante terremoto del 1456. Definitivamente abbandonato e ridotto a un rudere, il castello di Crepacuore rimase alla mercé degli agenti atmosferici… e dei predoni. In passato era così, quando una costruzione in mattoni di pietra squadrata andava in degrado, gli abitanti della zona si dedicavano ad una puntigliosa opera di spoliazione. Quei blocchi rocciosi, insieme a marmi, colonne e capitelli – tutta ‘merce’ che allora aveva un notevole valore economico – venivano impiegati altrove per elevare fabbricati delle specie più svariate : magazzini, stalle, case rustiche, dimore signorili, chiese… Di fatto, in vetta a Monte Castiglione non esiste nulla se non un manto di vegetazione spontanea. Tale manto è esteso solo sul versante orientale (come l’immagine documenta), mentre sul versante occidentale lo stato naturale delle cose è stato compromesso da un intervento di rimboschimento a conifere.
Pubblicato il 12 Ottobre 2018