Primo Piano

Nessuna “tassa ambientale” sulla vendita dell’olio extravergine d’oliva

Non c’è alcuna “tassa ambientale” sul consumo di olio extra vergine di oliva. A far chiarezza sulle voci circolate impropriamente nelle ultime settimane circa l’assoggettamento dell’olio d’oliva al contributo ambientale dovuto Conoe (Consorzio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti), previsto dal primo luglio scorso per gli oli e grassi vegetali esausti in base alla legge n.154 del 2016, è la Copagri Puglia con una nota a firma del suo direttore, Alfonso Guerra, che con legge alla mano fuga ogni dubbio sull’infondato allarmismo creatosi soprattutto tra i produttori olivicoli, a seguito delle dichiarazioni destituite di qualsiasi fondamento e fatte circolare ultimamente, in modo alquanto semplicistico, tra gli operatori del comparto olivicolo ed oleario pugliese. Infatti, ha spiegato Guerra nel comunicato di Copagri Puglia a sua firma: “La norma dell’art. 10 della legge 154/2016 prevede alcune esclusioni dall’applicazione del contributo per tipologia di oli e grassi o perché sotto una determinata soglia quantitativa”. E, continuando, il direttore di Copagri-Puglia chiarisce meglio la questione specificando che “gli oli di oliva vergine ed oli di oliva in confezioni fino a 5 litri; altri oli vegetali in confezioni fino ad 1 litro; grassi animali e vegetali in confezioni fino a 500 g; oli e grassi Dop e Igp (e prodotti con questi conservati); oli e grassi e prodotti con questi conservati, oggetto di vendita diretta da parte di imprese agricole” sono da ritenersi esclusi dal “balzello ambientale” in vigore dall’inizio di questo mese. Per cui, ha sottolineato ancora Guerra nel comunicato, “dall’elenco dei prodotti esclusi risulta evidente che per l’olio extra vergine di oliva, se non vi sono lavorazioni che generano rifiuti (si pensi alla produzioni di prodotti sottolio), il contributo non è mai dovuto”. La nota di Copagri-Puglia, che smentisce le voci allarmistiche createsi recentemente intorno a tale questione, si conclude con una precisazione riguardante sia la sansa (ossia il sottoprodotto ottenuto dalla molitura delle olive e che, a sua volta, è anch’esso oggetto di estrazione con solventi di una altra piccola percentuale di sostanza di origine vegetale, denominato per l’appunto “olio di sansa”) che dell’olio da essa ricavato. Infatti, puntualizza inoltre Guerra, la sansa “resta anch’essa esclusa dall’assoggettamento del contributo, in quanto non rientra nella tipologia di oli grassi indicati nella norma” introdotta lo scorso anno ed in vigore da meno di un mese. In altri termini, gli innanzi richiamati casi di esclusione dal contributo al Conoe sono le tipologie previste al comma 3 dell’articolo 10 della cita legge 154/2016 che, fatta salva l’applicazione del contributo ambientale quando è dimostrato che l’impiego o gestione di oli e grassi di origine, sia vegetale che animale, determina la produzione di rifiuti oggetto dell’attività del Conoe, in tutti gli altri casi che l’uso non provoca un’accertata attività di raccolta delle sostanze oleose, com’è nel caso dell’olio extra vergine di oliva, la “tassa ambientale” resta esclusa. Quindi, in base al “collegato agricolo”, previsto dalle disposizioni in materia di semplificazione e sicurezza agroalimentare, varato circa un anno fa con la legge citata, il già tartassato comparto olivicolo ed oleario nazionale, e pugliese in particolare, può rasserenarsi sulla questione, perché per ora è “ordinariamente” escluso dagli obblighi in materia di contributo al Conoe, salvo l’eccezione qualora sia certo che il quantitativo di olio d’oliva venduto non è destinato al consumo alimentare diretto, ma ad un uso mediato, che in seguito produce rifiuto od esausto da smaltire attraverso il Conoe. Ed è questo, forse, il caso dell’olio d’oliva destinato all’industria conserviera agroalimentare od a quella dei fritti precotti. Una precisazione, questa di Copagri-Puglia, che può far tirare un sospiro di sollievo a quanti nel settore era già sul piede di guerra per ingaggiare una “battaglia” che se effettivamente fosse stata fondata, forse per gli olivicoltori pugliesi sarebbe finita come tante altre. Ovvero, persa in partenza, visto che “chi” ha lanciato quest’allarme (per fortuna infondato!) si è accorto con un anno di ritardo, dall’approvazione della norma, del possibile danno che il settore olivicolo ed oliario avrebbe potuto subire.

Giuseppe Palella

 


Pubblicato il 21 Luglio 2017

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio